La continenza, si sa, è dote tanto preziosa quanto rara, specialmente in campo artistico ed a maggior ragione considerato il lunghissimo iato di silenzio discografico (addirittura vent’anni).
Nondimeno, spiace constatare come proprio l’eccessiva dilatazione espressiva abbia nuociuto ai
Thragedium, che immettono sul mercato un’opera sì ricca di spunti degni di nota, ma altrettanto ridondante.
Andiamo con ordine: i lusitani, per chi non li conoscesse, si baloccano con un
dark dalle inflessioni
doomeggianti e
neo-folk. Ampio spazio, dunque, viene concesso a
lyrics in lingua madre e strumenti tradizionali portoghesi, il che, come si immaginerà, incrementa sensibilmente l’elemento nostalgico ed il
feeling melodrammatico del
sound.
Il riferimento ai
Moonspell più introspettivi, sebbene banale, è piuttosto calzante -non a caso i Nostri incidono per la
Alma Mater Records,
label di
Fernando Ribeiro-, anche se il ricorso all’elemento metallico in “
Lisboa depois de morta” viene piuttosto centellinato.
La vera problematica che affligge il
platter, tuttavia, non risiede nell’aderenza o meno ai canoni della nostra musica prediletta, bensì nella mancanza di misura di cui scrivevo in premessa.
Tanto vale esser chiari: a mio umile parere, i 68 minuti abbondanti di durata del disco finiscono per sminuirne le velleità, avviluppando l’ascoltatore in una coltre di ritmi blandi, strutture circolari e (volutamente) ripetitive di stampo ritualistico, sommesse parentesi acustiche e
vocals sussurrate che, con ogni probabilità, faticherà a digerire.
Nemmeno quando prorompono chitarre elettriche ed accenni di
growl si registrano particolari strappi: l’incedere dei brani, infatti, si mantiene immancabilmente meditabondo ed altero.
La proposta dei
Thragedium, in ogni caso, possiede innegabile fascino; saltano anche all’occhio la cura per i dettagli -dall’
artwork ai testi passando per gli arrangiamenti- e la volontà di percorrere un sentiero musicale fortemente identitario e personale, lontano da qualsiasi logica commerciale o smania di venir incasellato in qualche sottogenere oggi in voga.
Al tempo stesso, “
Lisboa depois de morta” continua a risultarmi, anche dopo svariati passaggi in cuffia, davvero troppo prolisso e privo di dinamismo.
Se siete soliti coltivare attraverso la musica la vostra vena malinconica e contemplativa potreste aver trovato la colonna sonora ideale; se, al contrario, vi considerate più impazienti e votati all’azione, volgete serenamente lo sguardo altrove.
Per quanto mi riguarda, una chance ulteriore ai
Thragedium la concederò di certo, anche se dovessi attendere altri vent’anni.
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