Prima il titolo,
Blackened Heartbeat, poi il bellissimo artwork a cura di Augusto Silva e, dulcis in fundo, l’arpeggio di chitarra acustica, tanto oscuro, quanto pieno di fascino, della opener
The Crossing Toll. Appare evidente, da subito, anche all’ascoltatore più distratto del mondo, che il decimo capitolo discografico dei
Secret Sphere, sarà un delicatissimo viaggio all’interno dei meandri più tormentati della coscienza umana.
Blackened Heartbeat, firmato sempre dall’ormai fedele
Frontiers Records, si rivela immediatamente al pubblico con il suo alone malinconico e angosciante in cui, oltre ai canonici stilemi power, si danza tra venature progressive e velleità sinfoniche, il cui scopo, è quello di scavare a fondo nelle viscere dell’emotività umana, enfatizzandone gli aspetti più intimi.
Siamo infatti al cospetto di un lavoro estremamente introspettivo e denso di brani animati da un profondo senso di lacerante inquietudine, a cui contribuiscono, non solo le inconfondibili trame chitarristiche del sempre impeccabile
Aldo Lonobile o la corposa sezione ritmica della coppia
Andrea Buratto-Marco Lazzarini, ma soprattutto, le tastiere di
Gabriele Ciaccia che disegnano le ambientazioni ideali, all’interno delle quali, i
Secret Sphere danno ampio sfogo alla loro nuova creatura musicale dai toni tormentati, che trovano il loro apice in tracce dal piglio nervoso ma decisamente efficaci, quali
J.'s Serenade,
Aura,
Bloody Wednesday,
One Day I Will o
Psycho Kid.
Ovviamente, un maestro dell’interpretazione emotiva, come
Roberto Messina, si trova completamente a suo agio nel grigiore di queste atmosfere malinconiche. Il timbro vocale del singer, coadiuvato da cori mirati e mai eccessivi, sguazza nel mare di amarezza creato da composizioni intense e scontrose, tra cui spiccano
Dr Julius,
Confession o la conclusiva title-track.
Eppure, se da un lato questo alone tenebroso di cui è impregnato il disco riesce a valorizzarlo al meglio, conferendogli un’aura di fascino oscuro, dall’altra parte, ne rappresenta anche il maggior limite.
Talvolta sembra infatti, che i
Secret Sphere vogliano esaltare l’aspetto emotivo a tutti i costi, prestando eccessivamente il fianco alla musicalità, a scapito della sostanza. Questo abuso melodico, sebbene limitato, sia chiaro, si concretizza in qualche brano troppo lineare (
Captive e
Anna) che non morde a dovere, comportando, nel complesso, una parziale perdita di compattezza.
Fatta questa doverosa osservazione, va però riconosciuto che
Blackened Heartbeat è un bel lavoro che, per natura e sonorità, sembra riportare a
Heart & Anger o a
Sweet Blood Theory. Un album sincero e pieno di sentimento, assolutamente in linea con gli standard qualitativi della band che, dal canto suo, conferma, ancora una volta, la sua classe, riuscendo pienamente a esprimere, in maniera genuina, il proprio tormento interiore.