Terzo disco, terzo centro per i londinesi, questo è il disco della maturità e consapevolezza.
Pensavo che il passaggio ad un colosso come Nuclear Blast lasciasse il passo ad un ammorbidimento del suono, invece il quintetto non cambia di una virgola il loro proposito di offrire una proposta ancorata ad retaggio seventies.
Qui abbiamo brani doom metal come “This forest church” dallo splendido solo di hammond come “The ancient ways” che contiene un qualcosa di cupo e drammatico.
Ma il bello è come riescano a far convivere suoni heavy dati dai riff di chitarra ad un linguaggio anni 60 delle tastiere come in “Maxine”; la produzione è potente ma avrei gradito una batteria più naturale.
Altra perla che cresce con gli ascolti è l’acustica “Song from the stones”, che ricorda qualche influenza della cosiddetta “scuola di Canterbury” che tanto fece attirare l’attenzione negli anni 70 per l’approccio nella composizione ed il gustoso assolo elettrico.
Si respira un’aria epica con un che di orrorifico nell’ottava traccia “Hunters in the sky”; cavalcata hard con dei riff ruggenti e serrati con un bel chorus.
A proposito dei ritornelli, sono tutti aperti, melodici e cantabili, sicuramente destinati a essere amplificati dal vivo, ma non per questo rendono deficitari i brani, anzi, questa furbata li arricchisce.
Prova ampiamente superata dai nostri, un disco che è la conferma di quanto di buono avevano fatto con il precedente “Black Harvest”, fatelo vostro e alzate il volume.