Un’opera abbastanza ambiziosa e (finalmente!) non facilmente inquadrabile in sbarramenti stilistici “assodati”, è quello che propongono gli americani
Howling Giant in questo “
Glass future”, secondo
album dopo il debutto sulla lunga distanza del 2019 intitolato “
The space between worlds”.
Il loro suono, che potremmo definire, con un po’ di “fantasia”,
space-prog-psych-stoner rock (!), richiama alla memoria certi immarcescibili campioni della
Grande Storia della Musica (Pink Floyd, Rush, Hawkwind, B.O.C. …) e alcuni luminari del medesimo ambito emersi in tempi più recenti (i Voivod più “psichedelici”, Kyuss, Baroness, Mastodon, …), tentando di replicare l’inventiva che ha contraddistinto la suddetta illustre congrega attraverso una formula espressiva che sia “ricercata” e visionaria ma non eccessivamente “ostica”.
Nel caleidoscopico impianto musicale edificato dal terzetto (piccola curiosità “metallara”…
Sebastian Baltes è il figlio dell’ex bassista degli Accept
Peter Baltes) troverete, dopo la fantascientifica
intro, estatici e incalzanti frammenti
space-prog (“
Siren song”), oscuri paesaggi sonori quasi Tool-
iani (“
Aluminium crown”), esplorazioni tra
metal e
emo-core (“
Hawk in a hurricane” e la
title-track dell’albo, con taluni rimandi ai Coheed And Cambria se non addirittura a “roba” alla Shudder To Think) e ancora pulsanti spasmi Baroness-
eschi (“
First blood of Melchor”), il tutto gestito con disinvoltura e imprimendo al
songwriting importanti segnali di un proprio tratto personale.
La
band di Nashville dimostra, inoltre, di possedere un’innata attitudine alla creazione di universi fluorescenti e ipnotici (“
Tempest, and the liar's gateway”) e pure una notevole abilità nel corredare di vivaci e istantanei slanci sonici il loro
modus operandi artistico (“
Sunken city”, “
Juggernaut”).
Se solo i nostri fossero stati in grado di “asciugare” certe piccole prolissità di “
Glass future” (evidenti soprattutto nella conclusiva “
There's time now”, ma affioranti anche in altri momenti del programma) e avessero costruito armonie vocali leggermente più incisive, il giudizio nei confronti del disco sarebbe stato nientedimeno che entusiastico … così, accogliamo gli
Howling Giant tra le “belle promesse” di un
rockrama di certo bisognoso della loro spinta creativa.
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