In un music business in cui le band, volenti o nolenti, sono costrette ad abbracciare la politica dello spotify metal, in cui per tenere alta l'attenzione si punta a pubblicare singoli ogni tot mesi o - se va proprio di lusso - tirare avanti unicamente a botte di EP, i veneti
Great Master andando fieramente controcorrente non solo ci propongono un nuovo album sulla lunga distanza a quattro anni dal precedente "
Skull and Bones - Tales from Over the Seas" (non considerando l'antologico "
Thy Harbour Inn" del 2021) ma addirittura si cimentano in qualcosa che oggi può suonare come una bestemmia commerciale ma che nel passato ci ha regalato delle autentiche gemme che hanno scolpito la storia della musica, ovvero un concept album a titolo "
Montecristo", ovviamente basato sul romanzo di
Alexandre Dumas.
Al di la' di questa scelta che personalmente plaudo ed incoraggio, semplicemente la loro ultima fatica è nettamente l'album più maturo, interessante e ben riuscito della loro ultradecennale discografia: il power metal tout-court degli esordi si è naturalmente stemperato con gli anni in un classic heavy metal a 360°, capace di momenti estremamente variegati, passando con nonchalance da ritmi veloci "da vecchi tempi" a rocciosi mid-tempos, quando più drammatici ed orchestrali, quando più epici da spada sguainata, ben interpretati dal cantante
Stefano Sbrignadello che intrattiene l'ascoltatore passando da toni bassi e profondi a vocalizzi altissimi e squillanti. Lo stesso dicasi per le chitarre del leader
Jahn Carlini e del suo compagno
Manuel Menin che usufruendo della produzione di
Simone Mularoni dei rinomati Domination Studio di San Marino che con estrema naturalezza passano dalle classiche cavalcate del genere, peraltro sempre caratterizzate dall'accompagnamento di linee vocali azzeccatissime e coinvolgenti, a brani intensi e sofferti, tutti impreziositi da assoli ispirati che rappresentano uno dei punti forti dell'opera dal primo all'ultimo brano.
Sin dall'iniziale "
Back Home" (dopo l'intro "
Le Pharaon" per una volta utile e ben strutturata nell'insieme del disco) si intuisce che i Great Master hanno ingranato la marcia giusta, con un brano incalzante e fiero che dal vivo promette sfracelli, e così abbiamo subito conferma nella successiva "
The Left Hand Joke", uno dei brani più rappresentativi del disco (insieme alla rhapsodiana dei primi tempi "
Your Fall Will Come") di cui peraltro è stato realizzato anche un bell'official video.
Le varie vicende narrate lungo quasi l'ora di durata del disco sono interpretate e raccontate con maestria dalla band tricolore ed a conti fatti quello che rende "Montecristo" il loro apice compositivo ad oggi è la naturalezza dei vari passaggi e momenti che il disco racconta, dalle vicende più amare a quelle più spensierate, dalla vendetta alla rassegnazione, tutto illustrato con veridicità e passione dai Great Master.
Passione che viene trasmessa dalla band all'ascoltatore, con qualche rimando al recente passato piratesco con "
My Name" o all'orientaleggiante (appunto) "
Man from the East" che mi ha ricordato i Kamelot dei bellissimi tempi addietro, anche grazie agli ottimi arrangiamenti di cui sono protagoniste indiscusse le tastiere di
Giorgio Peccenini, colonna portante dei brani senza indugiare mai in eccessi ma fondamentali per la ricchezza di un sound glorioso e ricco di sfumature.
"Montecristo" è un piccolo gioiello che brilla di luce propria ma che risulta addirittura accecante nella deriva odierna di una Musica quasi completamente svilita del concetto di arte: senza dubbio una delle migliori opere di questo nuovamente splendido 2023.