I
Mustang devono il loro nome ai cavalli selvaggi che vivono ancora oggi nel Far West, e sono una formazione indiana che non proviene però dalle Grandi Praterie ma dall'India, dove esiste una locale scena Metal in fermento che ci ha proposto ad esempio gli ottimi Girish And The Chronicles e Kryptos, già autori rispettivamente di tre e di ben sei album.
I
Mustang sono invece solo all'esordio ma anche loro sono preda della passione metallica, come si può ben notare nel video di "
Children of Thunder", con le loro toppe di Iron Maiden ("Killers") e King Diamond ("Abigail") e le t-shirt di Iron Maiden (stavolta "Stranger in a Strange Land") e Judas Priest ("Screaming for Vengeance". E quando incappiamo in una tutto sommato discreta cover di "
Ram It Down", viene poi facile pensare che siano proprio questi ultimi una delle loro principali influenze, e anche l'approccio vocale di
Arijit "Piercer" Dutta, con i suoi acuti pur talvolta un po' forzati, denota una forte devozione a
Rob Halford. Ma non gli sono da meno neppure i compagni di viaggio, dato che anche un brano dichiaratamente ispirato agli Iron Maiden (nello specifico da "Charlotte the Harlot" e "22 Acacia Avenue") quale "
Queen of Red Light", musicalmente assume toni più priestiani.
Ma siamo ben lontani dal dover definire i
Mustang una mera cover band dei Priest, infatti, nel corso di "
Beyond Raging Thunder" affiorano qua e là diverse influenze, ad esempio gli Agent Steel su "
Cosmic Rage", mentre per "
Realm of Madness", uno dei brani più avvincenti del disco, aleggia l'ombra di King Diamond ma pure dei Crimson Glory, che credo possano essere tirati in ballo anche dai chiaroscuri della seguente "
Electric Ecstasy", altro highlight del disco, dove un applauso va sicuramente rivolto a
Snehashis "Styx" Nag e
Scorcher, per un guitarwork che mi ha riportato ai tempi dei primi album degli Chateaux e Blitzkrieg. E ai primi anni '80 guarda anche la power ballad, introdotta da un cinguettio e dal fragore delle onde, "
Voyager". Sono invece i rintocchi di una campana ad accompagnarci all'inizio dell'affilata "
Terror Striker", mentre l'animo più melodico dei
Mustang fa capolino sulla conclusiva "
Sapphire" e per quanto io mi aspettassi un repentino scatto di reni, l'unico momento un po' energico lo si incrocia solo a metà brano, prima di lasciare spazio a un bell'assolo di chitarra che ci accompagna sino alla fine della canzone e dello stesso album.
Un plauso quindi ai
Mustang per aver così ben assimilato la lezioni dei maestri e averla saputa reinterpretare, e se non con una marcata personalità e pur con qualche sbavatura, con tanta intensità e passione.
We've Got Another Thing Comin'...
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