Questa è una formazione che non ama le cose sbrigative, i brani che produce si prendono tutto il tempo necessario per il loro sviluppo oscillando senza problemi tra i sei ed i dieci minuti, una ridondanza che soltanto il filone progressivo riesce ad amministrare con tale disinvoltura. Rispetto al precedente lavoro ("The wait") c'è stata qualche modifica di line-up ed il suono si è spinto ancora più avanti in fatto di complessità e barocchismo. Sempre molto forte il richiamo ai Dream Theatre, ma altrettanto evidente l'influenza della scuola romantica settantiana con le sue melodie ariose e delicate, gli intrecci ritmici e gli arzigogoli strumentali.
Tecnicamente ineccepibili, gli Aura non mostrano alcuna intenzione di confondere i generi o rischiare contaminazioni, il loro prog-metal segue alla lettera i dettami classici concedendosi soltanto piccole varianti, come una leggera venatura power dove emergono accenni di aggressività grazie all'immancabile sfoggio di doppia cassa martellante ("The power to be"), oppure una dolce ballata sentimentale dallo sviluppo cristallino ("Fairy tales"). Per il resto abbiamo composizioni di ottimo livello, nelle quali abilità strumentale e raffinatezza melodica si fondono in modo maturo, senza concedere granchè al narcisismo che affligge da sempre questo genere. Positivo anche il buon gusto nell'amalgamare differenti atmosfere all'interno di uno stesso brano, vedi su tutti la maestosa complessità di "Strategic madness" dove troviamo magistralmente accostati solidi passaggi heavy e fasi pacate in odor di Genesis/Yes, schema sfruttato a fondo dal gruppo anche nell'ottima ed ambiziosa "Faded gray", mini-suite progressiva splendidamente architettata.
Pur se nello stile degli Aura è naturale cogliere richiami ai giganti del prog passato e presente, non si può non riconoscere la bravura e l'ispirazione del quartetto, senz'altro pronto per un esordio ufficiale. Formazione esclusivamente di settore, ma qualità assai elevata.