Il 25 febbraio rischia di diventare una delle date storiche del 2002, in quanto, contemporaneamente all'ultimo lavoro targato Cannibal Corpse, nei negozi di dischi apparirà anche un altro pezzo forte della scena estrema mondiale. Gli Hypocrisy infatti proporranno al pubblico il loro ottavo full length album, dall'enigmatico titolo di "Catch 22". Coincidenza nella coincidenza, anche questo lavoro segna l'introduzione di alcuni elementi alieni nel solito contesto musicale del gruppo, oltre che nella ridefinizione dell'equilibrio tra violenza e melodia in genere. E questa miscela ibrida ma non stravolgente, questo amalgama più compatto che in passato delle due anime, dolci e brutali, che vivono all'interno della creatura Hypocrisy, questo connubio perfetto è la vera carta vincente del disco, la scintilla che ne decreta lo status di capolavoro. Mr.Tagtgren dimostra tutto il suo talento riuscendo nell'incredibile impresa di enfatizzare al massimo tutte le sue debordanti influenze sonore, per dare vita a 10 canzoni pulsanti e ariose, dolci e feroci nel contempo, con un retrogusto AT The Gates dato dalla produzione delle chitarre, spesso simile a quanto sentito sull'indimenticabile "Slaughter Of The Soul". Rimangono fondamentalmente inalterate le caratteristiche salienti che hanno accompagnato i nostri lungo dieci anni di gloriosa attività, ma con "Catch 22" Peter e soci strizzano l'occhio verso sonorità più thrasheggianti e moderniste, a partire dalle voci costantemente filtrate e lontane dall'usuale aggressività presente fino al precedente "Into the Abyss", per proseguire con alcune soluzioni ritmiche nelle quali ogni tanto il basso si ritaglia un posto di rilievo nell'economia delle canzoni. La struttura in generale delle canzoni è stata viceversa semplificata, con il risultato di mantenere un certo grado di immediatezza lungo tutti i 40 minuti del disco. Non sono più presenti episodi sulla falsariga di quanto proposto in passato con songs quali "Apocalipse" o "Killing Art", ma il succo di tali composizioni e' ora mirabilmente fuso e ridisegnato attraverso brani monumentali quali "Edge Of Madness" e "Turn The Page". In buona sostanza si può dire una sola parola per definire questo lavoro: imperdibile.
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