Notevole balzo in avanti, sotto il profilo qualitativo, per i
The Grandmaster, progetto partorito da un’idea di
Jens Ludwig, storico chitarrista degli
Edguy, dati ormai da tempo per dispersi (e probabilmente, considerando gli ultimi lavori in studio dei tedeschi, è stato meglio cosi!).
Dopo l’insipido esordio
Skywards che personalmente, non mi aveva assolutamente convinto, la band sforna questo nuovo
Black Sun, sempre per
Frontiers Records, e le cose iniziano a girare decisamente per il verso giusto. Partiamo dalla line-up, che è stata leggermente ritoccata e, accanto al chitarrista tedesco fondatore, troviamo i nostri connazionali
Mirkko De Maio (
Mind Key) alla batteria,
Alessandro Del Vecchio (
Edge Of Forever,
Archon Angel e tanti altri...) al basso (e alla tastiera) e il vocalist danese
Per Johansson.
Proprio quest’ultimo elemento rappresenta una novità di fondamentale importanza rispetto all’esordio, in quanto, con il suo timbro graffiante, molto simile a quello del grande Jorn Lande, riesce a conferire a
Black Sun un’incisività travolgente, a cui contribuisce anche la chitarra che, rispetto al passato, si fa più corposa e ficcante; a questo, si aggiunge poi un comparto ritmico arcigno che, all’occorrenza, sa premere efficacemente sull’acceleratore.
Le atmosfere delle composizioni, fatta eccezione per un paio di tracce meno riuscite (
Fly Icarus Fly e
What We Can Bear), sono dense di malinconia eppure rabbiose e, al tempo stesso profonde, grazie alla loro spiccata propensione nei confronti delle trame melodiche. Brani come la title-track, la martellante
Watching The End, le tristi
While The Sun Goes Down e
Learn To Forgive, le massicce
Heaven’s Calling e
I’m Alive, e le conclusive
Soul Sacrifice e
Into The Dark, con il loro pizzico di “quel power che fu”, danno luogo a un album riuscito, in grado di convincere l’ascoltatore medio di melodic heavy-power metal.
In conclusione,
Black Sun si rivela un lavoro piacevole, in cui i
The Grandmaster riescono a riparare efficacemente tutte le falle presenti nel debutto, ricorrendo alla loro classe, ad una struttura musicale più corposa e, al tempo stesso, alla loro spiccata vena musicale ma, sia chiaro, la presenza di
Jens Ludwig non vi tragga in inganno! Non pensate di trovare in questo album (nè tantomeno nel precedente), le sonorità magiche dei primi Edguy, perché non ve n’è traccia alcuna! Appare oramai palese da tempo che quelle atmosfere sognanti e genuine sono morte e sepolte. Rimarranno per sempre una parte di tutti noi nostalgici che abbiamo amato un certo tipo di power, un ricordo indelebile scolpito nell’anima che però, in quanto tale, come la nostra giovinezza, purtroppo non tornerà mai più.
Non è ancora stata scritta un'opinione per quest'album! Vuoi essere il primo?
Non è ancora stato scritto nessun commento per quest'album! Vuoi essere il primo?