Il duo russo torna a due anni dal precedente “
Reborn” con un album colmo di emotività e dolore.
Non ho informazioni al riguardo a essere sinceri, ma penso che questo lavoro sia incentrato sulla natura, basti vedere quello spirito dei boschi ritratto in copertina che sembra un parente del tolkeniano
Barbalbero.
Il lavoro è composto da otto tracce, per ben un’ora e passa di musica suddivisa tra composizioni articolate dove il post/black metal della band è veloce, furente ad ascoltare la ritmica forsennata di batteria, ma le chitarre che erigono un muro sonoro sono colorate da melodie malinconiche e le vocals sullo sfondo, degli screaming dolorosi sono appena appena udibili e brani strumentali.
Le tracce strumentali sono quasi ambient, tranquille, condite da effetti sonori naturali ma sempre con spirito mesto.
Questo ritorno è un toccasana per quanti volessero qualcosa di diverso dal “solito” black metal stereotipato che si rifà stanco a stilemi abusati, da prendere a piccole dosi, soprattutto nelle giornate piovose.
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