L’unione tra
black metal e spazio, che ai miei tempi sarebbe stata considerata impura e bislacca, si è ormai da anni istituzionalizzata, assumendo dunque il carattere di sotto-genere con tutti i crismi.
Non solo: pur con caratteristiche sonore piuttosto eterogenee, il
cosmic black si è contraddistinto sinora per una media qualitativa davvero alta, con alcuni picchi di spaventosa eccellenza.
Darkspace,
Mare Cognitum,
Mesarthim,
Cosmic Burial,
Lumnos,
Spectral Lore,
Midnight Odyssey i primi nomi a venirmi in testa… e da oggi, per quel che mi riguarda, bisognerà giocoforza aggiungere all’elenco i
Vorga.
I quali, nonostante la giovane età ed una discografia ancora esile, non si fanno certo intimidire dall’agguerrita concorrenza, e si presentano dunque col loro secondo
full length.
“
Beyond the Palest Star”, tanto per esser da subito chiari, non lambisce le vette (irraggiungibili?) di
album come “
Phobos Monolith”, “
Dark Space III I” o “
Wanderers: Astrology of the Nine”, ma riesce comunque a conquistare l’ascoltatore senza particolari patemi, registrando inoltre un passo avanti, benché non clamoroso, rispetto al predecessore “
Striving Toward Oblivion”.
La ricetta del combo teutonico non è mutata granché, come si può evincere sin dalla copertina, tanto bella quanto simile alla precedente.
Una volta ancora largo, quindi, a tematiche
sci-fi, a suoni bombastici ed arrangiamenti curati, ad atmosfere apocalittico / cosmiche di sicuro impatto emotivo, a
riffs vorticosi e dissonanti ma non privi di caratura melodica, ad accelerazioni a velocità smodata –chi non ha colto la citazione spaziale si vergogni- che cedono il passo a rallentamenti in grado di incrementare notevolmente il tasso epico delle composizioni.
L’ascolto ripetuto di “
Beyond the Palest Star” disvela, almeno alle mie orecchie, una incontrovertibile verità: i Nostri posseggono un potenziale enorme, e quando riescono a sprigionarlo appieno il livello di godimento uditivo si attesta su livelli stratosferici.
Provate a soffermarvi su “
Voideath” (saggiamente scelta come
opening track e brano d’anteprima), o sulla torrenziale “
Terminal” (che, per l’appunto, termina le ostilità come meglio non si potrebbe) per comprendere quanto talento graviti attorno alla galassia
Vorga.
Al tempo stesso, tuttavia, ho maturato l’opinione che ad oggi manchi ancora qualcosina per raggiungere il centro dell’universo: nonostante la durata complessiva del
platter sia perfetta (43 minuti) alcuni passaggi si sarebbero potuti asciugare (mi riferisco alla pur suggestiva “
Magical Thinking”), mentre altri, semplicemente, non convincono fino in fondo: penso a “
Fractal Cascade”, composizione nient’affatto sgradevole ma troppo compassata e priva di mordente, ed a “
The Cataclysm”, in ultima analisi superflua.
Ora mi auto-censuro ed esco dalla stucchevole metafora a sfondo fantascientifico, promesso.
Prima, però, cuccatevi questa: la nave spaziale dei
Vorga è in rampa di lancio, e la sua traiettoria pare inesorabilmente proiettarla verso il firmamento del
metal estremo. Vi consiglio di prenotare un posto con finestrino.
Io, invece, vado a vergognarmi di me stesso in uno sgabuzzino buio.