Nel 2019 avevo inserito
Cursed and Punished tra i migliori dischi dell’anno, un concentrato di metal classico priestiano sotto steroidi, imparentato con
Helstar, con spruzzate thrashy e una piacevole vena melodica che accompagnava riff strappa-pelle ed accelerazioni nemiche dei parrucchieri.
I portoghesi
Toxikull, autori del disco appena citato, tornano oggi con
Under The Southern Light -terzo full length della loro discografia- che esce con un allegato speciale: una busta di delusioni.
La band ha infatti cambiato rotta, tirato il freno a mano e perso quella carica, quella vena selvaggia e grintosa del disco precedente in favore di un sound che vira in modo spudorato verso un classic metal anni ’80 molto pacato, comodo e melodico.
La traccia d’apertura (anche rilasciata come primo singolo) è infatti infingarda, ci illude con una bordata che riprende neanche troppo velatamente i ritmi e l’andamento di
Ram It Down e ci traghetta idealmente dentro al disco che, di lì a poco, ci mostrerà la nuova faccia dei portoghesi.
Adoro il classic-metal ottantiano ma quello che troviamo dentro a
Under The Southern Light è una sequela di mid-tempo, anche a tratti piacevoli, ma che vanno ad annullare la personalità della band portandola su autostrade trafficate, a confondersi con migliaia di altri competitor. Sia chiaro, non parliamo di brutta musica, anzi, i ragazzi dimostrano di saper comporre e arrangiare bene ogni canzone ma, proprio perché hanno indubbie capacità, non capisco come mai si siano standardizzati su qualcosa di così banalotto.
Andando più in profondità,
"Around the World" è un classicissimo mid-tempo scanzonato -con una linea vocale che ricorda in certi momenti Gypsy di
Dio- ma senza avere quel quid, quella scintilla in grado di accenderti. La
title track è una sorta di power ballad, un pezzo metal delicato che cresce piano piano, al quale segue
"Battle Dogs", un altro mid-tempo ottantiano fino al midollo, anthemico che deve qualcosa agli
Accept; così come la seguente
"Ritual Blade" richiama
Primal Fear e la band di
Wolf Woffmann per un brano diretto con tappeto di doppia cassa.
"Knights of Leather" è l’ennesimo mid-tempo roccioso, ben fatto sicuramente, l’assolo è davvero piacevole ma, capite anche voi (anche da quante volte ho volutamente scritto "mid-tempo") che i Toxikull si sono davvero seduti. Torna un pochino di energia con un brano andante e sculettante come
"Going Back Home" alla quale segue
"They Are Falling" con riff e porzione di assolo scippati ai
Megadeth.
Anche senza voler fare pelo e contropelo al disco e cercando di godermelo per quello che è, la sensazione è quella che i
Toxikull stiano trattenendosi, inanellando una sequela infinita di tempi cadenzati che -purtroppo- arrivano ad annoiare un po’ l’ascolto.
Come detto, i portoghesi si sono buttati su una proposta molto più semplice e di facile ascolto rispetto ai lavori precedenti, completamente immersa negli anni ’80, sia come costruzione dei pezzi che come atmosfere, privandosi così di personalità e delle caratteristiche che mi avevano esaltato, ovvero: voce potente e tagliente, riff cazzuti, velocità e tanta, tanta energia.
Ecco, a
Under The Southern Light manca l’energia capace di saturare l'aria durante l'ascolto, quella in grado di accenderti e caricarti. Qui l’energia basta giusto per tenere accesi gli amplificatori.
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