“
Amen” segna il ritorno dei
Nubian Rose, ma francamente non sono sicuro che chi aveva apprezzato ”
Mountain” e ”
Mental revolution”, si sentirà del tutto ripagato da un’attesa durata ben dieci anni.
In ogni caso, sarà senz'altro sorpreso di come il loro
hard n’ heavy melodico si sia “trasfigurato” nel tempo, corrodendo i canoni
standard (spesso molto efficaci …) del genere per rendere la proposta musicale decisamente più eclettica ed estrosa.
Una scelta di certo “rischiosa” che ha bisogno verosimilmente di un ascolto maggiormente concentrato per essere assimilata e che, seppur assai intrigante, non sempre appare pienamente “coerente”.
Nella disamina dell’opera partiamo, innanzi tutto, dalle “certezze” garantite dalla splendida ugola di
Sofia Lilja, che per doti tecniche e straordinarie capacità interpretative si conferma una delle voci più autorevoli e interessanti dell’intero panorama musicale contemporaneo.
Passando ai contenuti sonori dell’albo, assistiamo ad una spiccata forma di contaminazione stilistica, capace di modulare la “materia melodica” in maniera piuttosto singolare, mescolando
hard,
metal e
prog, e aggiungendo all’impasto digressioni nel melodramma più fosco e inquieto.
Un calderone che piace sia per molte delle soluzioni applicate e sia per un desiderio di “distinzione” e varietà espressiva che a volte, tuttavia, può risultare un po’ “destabilizzante”.
In questo modo, se “
Memorial” apre l’albo con una “cinematografica” struttura armonica (qualcosa tra i Queen di “
Who wants to live forever” e “
Skyfall” di
Adele …) esaltata dalla prestazione
monstre della
Lilja, le fragorose pulsazioni ritmiche e il tragico e solenne fraseggio chitarristico di “
Dramatic day” schiudono le porte ad un clima ombroso, magnetico e carico di suggestione, che si arricchisce di ulteriore dinamicità nella euforica “
Break down the walls”, in cui a tratti emerge tutta la natura “scandinava” dei
Nubian Rose.
La successiva “
Running” vede un'improvvisa variazione d’atmosfera, sintonizzando il brano sulle frequenze combinate di Kiss (quelli di “
I was made for lovin' you” …) e
Bonnie Tyler, per poi trasportare l’astante (probabilmente un po’ disorientato …), con “
Lost in the mist”, in un universo brumoso, strisciante e arcano, sviluppato attorno alla sei corde fremente di
Christer Åkerlund e all’evocativa interpretazione dell'istrionica
vocalist.
In “
Red sky”, “
Amen” muta ancora una volta pelle, affidandosi ad un’elegiaca melodia in crescendo, che sfocia nelle trame esotiche e seducenti di “
Desert night” e approda alle tensioni di “
Holy roar” e della incalzante “
Bright light”, dove la
band omaggia senza manierismi la consolidata filosofia dell’
inno metallico.
Arrivati alla
bonus-track l’azzardo può dirsi completo: scegliere di proporre la
cover di “
Gonna get close to you” della fenomenale artista canadese
Lisa Dal Bello, dopo che i Queensryche se ne sono “impossessati” nel capolavoro “
Rage for order”, denota audacia, convinzione e personalità, peculiarità che traspaiono da un’irrequieta versione del brano la quale, però, esce fatalmente “sconfitta” nel confronto con entrambi i precedenti, pressoché inarrivabili.
I
Nubian Rose di “
Amen” rappresentano un intrigante tentativo, nei fatti ampiamente riuscito, di aggiungere significativi spunti “avventurosi” alla loro solida e talentuosa formazione “classica” … come anticipato, il percorso imboccato non è probabilmente ancora giunto a compimento, ma nella speranza che venga accolto senza sbarranti riserve dal pubblico di riferimento (non sempre molto propenso ai “cambiamenti” …), si merita un caloroso plauso e una convinta esortazione a proseguire sulla strada intrapresa.