Dichiarare amore eterno per Black Sabbath, Blue Cheer e Kyuss senza per questo apparire parodistici e scontati. È questa la sfida primaria che si pone di fronte a qualunque gruppo dedito alle sonorità
stoner / desert rock e non si può certo affermare che si tratti di un’impresa agevole.
Un sacco di
acidi e
caliginosi Stoners, alcuni dei quali anche blasonati, si sono trovati in grande difficoltà nell’affrontare tale prova e allora diciamo subito che i catanesi
Rhino hanno saputo muoversi piuttosto bene in un terreno insidioso e accidentato.
“
Human farm”, seconda collaborazione discografica con la
Argonauta Records è, infatti, una delle cose più autentiche (
ehm, “franche” mi verrebbe da dire, vedendo i
nicknames del quintetto …) e coinvolgenti sentite nel genere da parecchio tempo.
Pur nei rigidi confini stilistici del settore, il
groove denso e pastoso che scaturisce dal basso di
Frank The Door, le trame chitarristiche liquide, magnetiche e ruggenti di
Red Frank e
Frank Real Tube, i fremiti poderosi di
Lord J. Frank e l’ugola mordace e ipnotica
Frank The Doc, lasciano un segno piuttosto profondo nei sensi degli appassionati e alletta assai, inoltre, l’influenza che il
grunge (condensata, innanzitutto, nella monumentale figura dei Soundgarden ...) ha esercitato sulla formazione dei siciliani, il tutto combinato in maniera vibrante e ricca di tensione espressiva.
Al capitolo “opportunità di miglioramento” di un
songwriting complessivamente intrigante, mi sento di evidenziare qualche eccedente dilatazione dei temi, non sempre strutturata in modo da accentuare efficacemente il senso di “straniamento” tipico del genere.
Un
deficit tuttavia abbastanza sporadico e del tutto assente nelle spirali stordenti di “
Agony & madness”, nella melodia avviluppante e polverosa di “
Planet of dust” o ancora nella suggestiva energia emotiva trasmessa da “
Magic water”, in cui fa capolino anche un quantomai opportuno controcanto femminile, affidato a
Cristina Chimirri.
La maggiore essenzialità di “
Gentle sound of the knife” rappresenta un buon esempio di “concretezza” e non spiace nemmeno la ruvida instabilità di “
Padrock”, sebbene leggermente troppo schematica nello svolgimento.
Al di là di ogni altra considerazione, in un’epoca in cui l’approccio “usa & accantona” è purtroppo diventato una (pessima) consuetudine, l’ascolto reiterato di “
Human farm”, nonostante le suddette piccole diluizioni soniche, non stanca … l’attestazione più convincente e tangibile del suo valore.
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