Coltivo da tempo l'opinione che l’affiancamento dell’aggettivo “
rituale” alla definizione di “
black metal” costituisca talvolta un subdolo sotterfugio, volto a fornire giustificazione semantica alla conclamata ripetitività della proposta.
Come dite? Sono un malfidente?
Beh, una delle più celebri frasi attribuite al nostro ex Presidente del Consiglio
Giulio Andreotti recitava grosso modo così: “
A pensar male degli altri si fa peccato, ma spesso si indovina”.
Oltre a ciò, vi sfido ad ascoltare “
4:44” dei
Satanic Witch -
monicker discutibile, fra l’altro- senza maturare il mio stesso sospetto.
Già, perché la nutrita compagine belga, che annovera in
line-up anche due giovani pulzelle, imbelletta in effetti il proprio scheletro compositivo base, costituito da un
black classico con qualche spunto melodico, con mantra vocali stregoneschi, lugubri digressioni simil-
ambient ed inquietanti tappeti di tastiera dalla matrice, per l’appunto, ritualistica. Il problema, perlomeno a mio avviso, è che simile espediente sonoro viene applicato in modo didascalico e, soprattutto, quasi ossessivo.
Così, brani tutto sommato scarni ed animati da poche idee vengono diluiti ben oltre la loro durata ideale, conducendo in tal modo l’ascoltatore lungo il pernicioso sentiero del tedio.
Tanto per spendere qualche esempio: la conclusiva “
So Below” ci mette oltre 7 (!) minuti a scuotersi da un torpore fatto di nenie vocali e blandi rintocchi di batteria; “
Mirage / Die Hexen”, dal canto suo, si congeda da un’ulteriore
intro, composta principalmente di sospiri ed impalpabili
keyboards, dopo 5 minuti abbondanti.
Si badi: nemmeno quando esplorano il lato più abrasivo e meno atmosferico del
sound, come in “
For None” e “
Mirror Hour”, i
Satanic Witch riescono ad affrancarsi dalla reiterazione eccessiva; anzi, per certi versi ne rimangono ancor più succubi.
Le conseguenze di tale condotta sono presto dette ed agevolmente intuibili: “
4:44” dura poco meno di 50 minuti, eppure sembra non terminare mai.
Assegno una insufficienza lieve e recuperabile, posto che discutiamo di un esordio discografico e di una compagine che, comunque sia, qua e là mette in mostra doti interessanti. Già a partire dal prossimo
full length, nondimeno, urge applicare il motto “
meno ritual, più sostanza” e adottare un significativo cambio di passo.
Il raggelante spettro dell’insignificanza è già lì, nascosto nell’ombra, pronto a ghermire l’ennesima
band di
metal estremo per rinchiuderla nel reame dell'oblio.
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