Il precedente lavoro del 2020 degli statunitensi
Skeletal Remains, “The entombment of chaos” (potete leggere la recensione
qui) , è stato un successo tale che non è esagerato definire come clamoroso e travolgente, la dimostrazione che le sonorità old school in ambito death metal hanno sempre la loro maledettissima ragione di esistere quando sono suonate con ispirazione e competenza.
Comprensibile quindi che
Chris Monroy – deus ex machina degli
Skeletal Remains – abbia voluto prendersi tutto il tempo necessario per comporre
“Fragments of the ageless”, conscio che non poteva più contare sull’effetto sorpresa come quattro anni prima.
A questo giro di danze assistiamo l’ennesima variazione della line-up (da sempre fonte di gioia e dolori nella storia della band), ma questa volta il cambio non avviene come in passato dietro le pelli – dove troviamo saldo al suo posto
Pierce Williams – ma nell’altra metà della parte ritmica con l’ingresso del bassista
Brian Rush al posto del transfugo
Noah Young.
Dissipiamo subito eventuali dubbi: gli
Skeletal Remains hanno dato alle stampe un ottimo lavoro che non sfigura accanto ai rocciosi lavori del passato continuando ad attingere alla memoria collettiva del death metal a stellestrisce.
In special modo si avverte la presenza spirituale dell’Angelo Morboso aleggiare costante durante il trascorrere dei minuti, l’alternanza fra i passaggi più cadenzati “spaccapietre” pur mantenendo una propria dinamicità, le accelerazioni che sfociano in solo chirurgici e tutta l’architettura che sostiene i pezzi contenuti in
“Fragments of the ageless” indica a chiare lettere che è in quell’angolo di Florida toccato dalla grazia degli Dei del Metal a fine anni 80 che bisogna guardare e fare affidamento.
Il disco scorre che è un piacere, ognuno di voi troverà in esso una canzone che meglio ne rappresenta lo spirito, per chi vi scrive, penso che l’accoppiata “
To conquer the devout” e
“Forever in sufference” siano validi biglietti da visita, sintesi felice delle dichiarazioni di intento della band californiana. Menzione di merito va anche a “
…evocation (the rebirth)”, brano strumentale dall’incedere malignoquente (concedetemi la fusione tra i termini maligno e magniloquente) che chiude in bellezza l’esperienza dell’ascolto.
Inutile girarci intorno, gli
Skeletal Remains sono diventati una splendida certezza e non più una semplice speranza.
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