Già artefici nel 2020 dell’apprezzato “
De ecclesiæ universalis”, gli
Ecclesia pubblicano in questo primo scorcio del 2024, sempre per la
Aural Music, “
Ecclesia militans”, un
album parecchio riuscito, almeno se vi ritenete sostenitori dei suoni perniciosi ed evocativi.
Di fronte a tale suggestione stilistica è scontato richiamare dalle tenebre i nomi di Black Sabbath e Candlemass, facendo però attenzione ad intendere il riferimento collocato nel periodo in cui gli anzidetti venerabili orientavano i loro lugubri rituali in ambiti maggiormente solenni e possenti.
Insomma, più “metallicus” ed “epicus” che non “doomicus”, pur conservando il clima melodrammatico e dolente tipico di un disco che si erge come un agguerrito baluardo contro la teologia “rovesciata” e le distorsioni della religione.
Attingendo dai
Sabs dell’epoca
Tony Martin e dai Candlemass più epici, nonché da consigliare anche a chi freme per Solstice, Tad Morose, Sorcerer e Grand Magus, il sestetto francese aggredisce i sensi degli astanti con la voce stentorea e tirannica (sporadicamente al limite del
growl) di
Frater Arnhwald, ammantando la forza trainante delle sue composizioni di un’aura cerimoniale, alimentata da intermezzi liturgici e raccordata dalle fascinose tastiere di
Pater Walkelinus, prelevate direttamente dalle ombre di una maestosa cattedrale gotica.
Il resto lo fanno chitarre
possedute dal “fuoco sacro” del
metallo plumbeo e ritmiche massicce e pulsanti, proprio come accade nell’atto d’apertura (dopo l’
intro “
Vade retro”) “
If she floats”, in “
Et cum spiritu tuo”, negli sprazzi di efferata virulenza concessi a
"Ereptor verae fidei” (appena meno incisiva, invero …) e nella
power-osa title-track dell’opera, ottimi esempi di una personalità espressiva magari non esattamente “avventurosa”, ma alquanto efficace e consistente.
Le spirali drammatiche e cadenzate di “
Antecclesia” e "
The exorcism” svelano il lato più greve e cupo della filosofia sonora degli
Ecclesia, sempre piuttosto abili nel costruire linee melodiche capaci di ammaliare gli appassionati del genere, verosimilmente affascinati anche da una “
Redden the iron” che forse, a voler essere puntigliosi, appare fin un po’ troppo “familiare” per garantire reazioni emotive di pura ebbrezza.
Andiamo decisamente meglio con l'atmosfera accattivante e trascendente di “
Havester of sinful souls”, in grado di sfuggire ai rigidi schematismi del settore senza rinnegarli, mentre al celestiale
outro “
Quis ut deus” è affidato il compito di concludere il programma di “
Ecclesia militans”, un albo che attraverso l’immaginario di una connessione divina nella lotta contro i poteri del male, infonde soddisfazione in tutti coloro che amano l’
heavy metal più ossianico e bellicoso.
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