Quinta fatica discografica per i pavesi Necroart, intitolata The Highest Law, uscita sotto la regia della label pugliese Nova Era Records.
Il disco si orienta maggiormente verso lande dal sapore spiccatamente gothic-doom, piuttosto che melodic death/black, essendo perennemente avvolto da dense atmosfere decadenti e malinconiche che trovano la loro consacrazione in brani quali l’oscura Still Dying God, nella struggente title-track in cui, sul finale, fanno la loro comparsa addirittura dei fiati, o ancora, nell’intensa Calvario che, come suggerisce il titolo, è cantata interamente in italiano.
Non che manchino episodi più estremi anzi, l’inizio dell’album, affidato alla ferocia di Son Of Worms, farebbe pensare a un lavoro basato interamente sull’impatto sonoro e invece, alla lunga, a prevalere, rispetto all’aggressività, è il lato intimo ed emotivo dei Necroart.
Musicalmente, le tinte drammatiche di The Highest Law, vengono sapientemente pennellate, oltre che da intensi passaggi chitarristici ad opera di Filippo Galbusera e Marco Pavanello, dalle tastiere introspettive e ficcanti del “figlio prodigo” Davide Quaroni (che aveva lasciato la band nel 2014), mentre la voce versatile di Massimo Finotello si muove tra irruenza e intimismo e la sezione ritmica, affidata a Daniele Murelli (basso) e Paolo Laurenti (batteria), si dimostra in ogni istante affidabile.
The Highest Law è un lavoro molto profondo, in cui tutto (a partire dalle radici death-black dei Necroart, fino alle abilità tecniche dei suoi componenti) viene messo al servizio del puro sentimento e dunque, il disco si fa apprezzare per passione e genuinità, dimostrandosi in grado di regalare all’ascoltatore intensi momenti onirici e riflessivi anche se forse, nel complesso, una maggiore sostanza, non avrebbe assolutamente guastato.
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