E’ un viaggio nel dolore, nella riflessione della caducità umana quella che ci offre la seconda opera degli israeliani.
Com’è stato per il debutto “
Hollow”, ci sono numerosi ospiti ad impreziosirne questo album come
Tony Wakeford (
Sol Invictus),
Michael Denner (
Mercyful Fate, King Diamond),
Attila Csihar (
Mayhem) e molti altri.
Questo album rivela che la formazione mediorientale è quella che potrebbe raccogliere l’eredità dei
Paradise Lost qualora la band inglese deponesse la corona.
Qui abbiamo melodie intense malinconiche unite a rabbia doom/goth come nell’opener “
Roads” che sul finire cambia ritmo e cadenza, oppure in “
Muaka”.
Invece in “
I skuggornas grav” tutto diventa più depressivo, lento, sottile con chitarre acustiche con un’invocazione elevata alle tenebre affinchè prevalgano sulle cicatrici.
Altro brano che sembra preso paro paro da “
Draconian Times” della band guidata da
Nick Holmes è “
Turn around”; mid tempo energico, coinvolgente con un growl profondo ed intenso.
Qui non abbiamo luce, ma solo splendida oscurità che fa scendere calde lacrime a confondersi nella pioggia.
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