Riconosciuti ufficialmente come una della band thrash/speed metal proveniente dalla Repubblica Ceca con più anni attiva sulla scena, va detto che dall'altra parte gli
Shaark non sono fra i nomi dei gruppi che vengono alla mente nell'immediato quando si parla di questo genere. Non che questo sia necessariamente un male, popolarità non equivale mai a qualità, e questo dovrebbe essere un fatto assodato, non solo nel thrash metal, ma nella musica tutta. Il fatto però, è che la band ormai in forze da più di 30 anni, e con pochissimi cambi di lineup (l'ultimo con l'entrata di
Peroon 666 al microfono ormai nel lontano 2000), non è mai riuscita a brillare per originalità o canzoni particolarmente coinvolgenti che potessero tirarla fuori da quel limbo fatto di ascolti generici che si danno una volta, due se va bene, e poi sbam, nel dimenticatoio.
Abbastanza attivi tra la seconda metà degli anni Novanta e la prima metà dei 2000, gli Shaark hanno poi rallentato le loro produzioni, contando anche l'entrata nel 2003 da parte del batterista
Zdeněk Pradlovský nei Master, storica band death metal di cui ha fatto parte fino a pochi anni fa (per modo di dire), venendo prima sostituito da Ruston Grosse e, poi attualmente da Lord Izual. Solo due album si contano quindi dal 2006 ad oggi, prima 'Deathonation' nel 2020, per poi arrivare a
'Hybrid War' di quest'anno. Il tempo passato è servito a far entrare qualche elemento di novità nel suono, qualcosa di interessante? Assolutamente no.
[Foto fornita dalla band]
E scusandomi per la ripetizione, questo non è un difetto. E' anche bello trovare alcuni gruppi che mantengono fedeltà al proprio sound e alle proprie radici continuando a proporre musica sempre di alta o media qualità (rimanendo nel campo, il primo nome che mi viene alla mente sono i Sodom da 'M-16 compreso in poi), ma nel caso dei
Shaark sembra di essere rimasti intrappolati in quel thrash più anonimo stile Destruction post 2003, tanti riff, voglia di spaccare tutto, ma poca, poca sostanza. Rientrano perfettamente in questo discorso la strumentale
'Twilight of Civilizations' o
'The Emperor Of Evil', veramente poca roba e che, pur viaggiando spedita sull'acceleratore, viene immediatamente dimenticata. Va meglio con
'Love Your Tyrant' che gioca su atmosfere che richiamano i 90s, ma la sensazione che si ha durante tutto l'ascolto è quello di trovarsi a un prodotto fiacco, senza particolari guizzi, utile per scapocciare quel po' che basta, vedi
'Evil Servant', ma che per il resto regala ben poco, complice anche una produzione non esattamente carica.
Vi consiglio
'Hybrid War'? Una possibilità non gliela si nega a nessuno, ma dubito che nel giro di qualche settimana vi ricorderete almeno un pezzo del disco.
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