La Polonia è una delle fucine del black metal conosciute a livello europeo, tolti i più famosi
Behemoth che ormai hanno cambiato pelle, nel sottobosco prosperano formazioni di valore come questa.
Sesto album in carriera ed è un concentrato di puro odio; la produzione è potente, cesellata appositamente per dare il massimo e spingere l’impatto di ogni singolo brano.
Già con l’apertura si viene travolti da una cascata di riff neri come la pece e un muro sonoro.
In mezzo c’è un rallentamento con armonizzazioni ma soffocante come le spire di un boa constrictor.
“
Niezmywaine” parte all’assalto con riff in tremolo e grancassa come un esercito di demoni pronto alla pugna; lo screaming è acido e colmo di ira con la batteria che alterna blast beats a ritmi più cadenzati ma sempre con una doppia cassa serrata.
Come cambio di atmosfera c’è un rallentamento con le chitarre che disegnano melodie maligne e voce pulita in sottofondo.
La cadenzata “
Arkitekt” sembra dare più respiro anche se la materia è inequivocabile; non ci si sposta dalla nera fiamma ma l’ensemble polacco da prova che la malignità si può compiere su diversi fronti non solo nel bastonare senza pietà.
Anche in questo caso si ha un cambio di ritmo con parti veloci e sezioni serrate, pezzo bello gustoso a dirla tutta.
Allora veniamo al dunque, disco che offre “solo” cinque tracce ma sono tanta sostanza e nessun filler, è anche grazie a formazioni come queste che il culto vive e prospera, grandi.
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