Nutro un’istintiva simpatia per la “zebra”, ricordando, per rimanere nell’ambito di competenza di questa
gloriosa webzine, l’eccellente lavoro perpetrato da
Randy Jackson (e soci) proprio mutuando la denominazione dell’equide a strisce bianconere.
Qui siamo di fronte addirittura ad una versione “regale” del suddetto mammifero, e ad essere sincero non condividevo appieno l’entusiasmo (rilevabile anche sulle nostre pagine) scaturito dall’ascolto della discografia passata dei
King Zebra.
Alla luce di questo “
Between the shadows” (bello l’ossimoro
eh?) le ipotesi sono due: gli svizzeri sono migliorati in maniera esponenziale o avevo sottovalutato la loro levatura artistica.
Mentre mi riprometto di svelare l’arcano “ripassando” con maggiore attenzione i loro trascorsi sonori, devo giocoforza esternare senza ulteriori indugi quanto il primo parto della collaborazione professionale con la
Frontiers Music mi abbia conquistato, monopolizzando buona parte del mio tempo dedicato alla fruizione musicale.
Difficile, infatti, non rimanere catalizzati dal
songwriting davvero “sfarzoso” e frizzante degli svizzeri, indirizzato a chi cerca melodie acutamente “ruffiane”, ritmiche pulsanti, cori ad ampio respiro e chitarre vibranti.
Nulla che non abbiano già splendidamente codificato personaggi del calibro di Def Leppard, Kix,
Alice Cooper e Ratt, ma che nelle sapienti mani dei nostri riescono a “rivivere” in maniera parecchio esuberante e disinvolta, attivando, senza troppe remore nostalgiche, i gangli sensoriali di chi ama questi suoni.
Le buonissime capacità esecutive del gruppo, con in testa il cantante
Eric St. Michaels (ex China, un’altra
band piuttosto abile nel medesimo settore espressivo), appaiono poi assolutamente funzionali al coinvolgente
sound di un albo che satura fin da subito gli
speakers tramite la dirompente “
Starlight”, una “roba” che nel
refrain potrebbe addirittura piacere anche a
Tobias Forge e a chi apprezza la passione per le melodie
ultra-catchy dei Ghost.
Iperboli a parte, il brano è davvero appassionante, al pari della battente “
Children of the night”, che vi ritroverete a canticchiare senza neanche accorgervene e della più meditata “
Wicked”, intinta nelle scintillanti cromature del
class-metal yankee.
La spensierata e popettosa “
Dina” accentua l’influsso della scuola “svedese” del settore (The Night Flight Orchestra
& C.) e se “
Love lies” è un tipico e incalzante inno da “arena” (con appena un pizzico di
Billy Idol nell’impasto sonico), “
Cyanide”, alimentato da analoghe intenzioni espressive, riesce persino a fare meglio del suo eccellente precedente in scaletta, rievocando le atmosfere
Cooper-iane di “
Trash” e “
Hey stoopid”.
“
With you forever” e “
Love me tonight” dimostrano che nella solida formazione espressiva degli elvetici non manca neppure una radicata sensibilità
adulta e
radiofonica, resa più “moderna” e dinamica in “
Out in the wild”, per infine tornare, con “
Restless revolution”, a solcare territori
anthemici, stavolta però con esiti leggermente meno efficaci e persuasivi.
Frequentare lo spumeggiante
habitat dei
King Zebra di “
Between the shadows” equivale a concedersi una magnifica immersione nelle migliori prerogative d’intrattenimento del
rock n’ roll … vi garantisco che da queste parti c’è davvero di che divertirsi!