E quando mai i
Vanden Plas ne sbagliano una.
La band di
Andy Kunts e
Stephan Lill subisce il primo cambio di formazione della sua trentennale storia, perdendo il talentuoso
Günter Werno alle tastiere, ma acquistando un professionista come
Alessandro Del Vecchio, che infatti non solo suona egregiamente (e su parti non sue, visto che per motivi di tempistiche non ha potuto partecipare alle sessioni di scrittura), ma che ha anche un enorme spazio espressivo, visto che le canzoni del qui presente "
The Empyrean Equation of the Long Lost Things" (premio
Titolo Facile 2024) letteralmente strabordano di parti pianistiche e tastieristiche.
L'album si apre con una title track di otto minuti, quasi interamente strumentale, che sin da subito mette in evidenza le (arcinote) qualità strumentali e compositive del combo; pochi pezzi, ma molto lunghi, in cui la 'canzone' è un contenitore di mille idee, arrangiamenti, cambi di 'potenza sonora', il tutto come sempre orchestrato con grande perizia.
Bella "
My Icarian Flight" dal ritornello memorabile, stupenda la conclusiva "
March of the Saints" con i suoi mille cambi di atmosfera, così come "
They call me God" che evidenzia la splendida voce di un Andy Kuntz che non ne vuol sapere di invecchiare.
Insomma, recensione facile quando le band sono di questo spessore: i Vanden Plas hanno donato al mondo l'ennesimo gioiellino prog.
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