"
King Of Pain" è l'esordio discografico dei
The Headless Ghost, una band formata da cinque musicisti che di Heavy Metal ne hanno masticato parecchio. E lo hanno anche assimilato al meglio e, pur arrivando da differenti realtà e percorsi musicali, hanno trovato un punto d'incontro nell'ispirazione dei Mercyful Fate, fino a dare vita ad una Tribute Band della formazione danese.
Ma questo è stato solo il punto di partenza, infatti, dopo aver riassestate le proprie fila i
The Headless Ghost hanno deciso di dare vita a musica propria, che è così confluita in questo disco, prodotto da
Mattia Stancioiu negli Elnor Studio e corredato da una bella copertina curata da
Harley Velasquez, che pare ispirata a quella di "Them", il terzo album del King Diamond solista.
Non sono certo i primi, e probabilmente non saranno nemmeno gli ultimi a ispirarsi a lavori come "Melissa", "Don't Break The Oath", "Fatal Portrait" o "The Eye", ma a
Stefano Vallino (cantante dei Tesla Shamans), ai chitarristi
Aurelio Parise (LionSoul) e
Alberto Biffi (ex Daemoniac), a
Simone Pesenti Gritti (bassista nei Drakkar) e ad
Omar Cappetti (drummer degli Invèrna), come già anticipato, stava stretta l'etichetta della Cover Band, e nei otto brani che compongono "
King Of Pain" hanno riversato influenze diverse, che vanno dai Judas Priest allo Thrash & Speed di Metal Church o Helstar.
E' proprio la titletrack a introdurci ad un concept incentrato sulle tragiche vicende di un serial killer, e non, come avevo inizialmente immaginato, ispirato a "The Headless Ghost", un film horror del 1959 con la regia di Peter Graham Scott (che diresse anche il primo episodio di "The Prisoner"). Tornando, giustamente alla musica, "
King Of Pain", che vede anche la partecipazione come guest di
Tobias Cristiansson (bassista dei Necrophobic, Darkened...), si apre su una inquietante filastrocca che poi cede strada ad un crescendo ritmico che viene lacerato dalle rasoiate dei due chitarristi e poi prende toni e colori decisamente legati al Fato Misericordioso, con una bella prova vocale di
Vallino, deciso e incisivo e soprattutto lungi dal cadere nella trappola del falsetto a tutti i costi e dallo scimmiottare King Diamond. L'assalto frontale della più immediata "
Inside the Walls" conferma la versatilità dei
The Headless Ghost lasciando intravedere passaggi che possono far pensare ai Metal Church, Iced Earth o agli Helstar, come anche soluzioni corali un po' alla Blind Guardian. Peccato per una resa sonora troppo meccanica della batteria, mentre per il resto non ci sono spazi per critiche, soprattutto poi quando i brani successivi sono del livello di "
Whispers in the Dark", che parte sommessa per poi accedersi e andar spedita, o della più vivace "
Let The Go" nel suo lasciar trasparire rimandi alla N.W.O.B.H.M e al Classic Metal. Tra questi due episodi, troviamo la quadrata "
Visions", mentre a seguire ecco l'ambiziosa "
Angel in Flames", caratterizzata prima da una insistita introduzione strumentale e poi da squarci temporali che ci riportano ai gloriosi anni '80, grazie anche ad una superba interpretazione da parte di
Vallino. Ci avviciniamo ai titoli di coda accompagnati dalla thrasheggiante "
Hellhouse" (con qualcosa dei Testament nel guitarwork) e quindi da "
Liberation", canzone con quel tocco di melodia e teatralità in più e che ci consegna i migliori
The Headless Ghost, autori di diverse digressioni, nel corso delle quali i singoli musicisti trovano anche tempo e spazi per mettere in mostra le proprie qualità.
Esordio all'altezza delle aspettative, con ancora margini per quei miglioramenti che ci aspettiamo di trovare nel seguito di "
King of Pain".
"King, come out to us! King, remember the tea.
We are stronger than you, you must return..."
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