Degli americani
707 del Michigan non sento più parlare da tantissimo tempo. Anzi, ora che ci penso, l'unica volta è successa nella seconda metà degli eighties sulle colonne di
Shock Relics di
Metal Shock, poi più niente, scomparsi dall'interesse del pubblico class & melody e si tratta di un altro caso di band arrivata troppo presto, quando l'aor non aveva un ruolo ben definito, l'era dei primi anni '80, e la stampa specializzata non esisteva neppure.
Fondati dal chitarrista e cantante
Kevin Russell, dal batterista
Jim McClarty e dal bassista e cantante
Phil Bryant, gli 707 esordirono nel 1980 con l'omonimo album, mettendo in mostra un sofisticato fm rock vicino ai
Toto. Ma è con il secondo, intitolato semplicemente "
The Second Album" di un anno più tardi, che gli 707 fanno il botto raggiungendo la top 20 della classifica americana. La cosa strana è che il secondo album è nettamente più duro del predecessore con canzoni vicine all'hard rock e quindi meno appetibili per il mercato radiofonico USA. Ma l'indurimento della band non si ferma, fino ad arrivare a quest'ultimo "
Mega Force" che doveva definitivamente lanciarli.
Ma qualcosa andò storto, forse il cambio della casa discografica (prima erano su
Casablanca, la stessa dei
Kiss), forse l'essere associato ad un film di scarso successo, sempre intitolato "
Megaforce"; sta di fatto che lo sforzo profuso dalla band venne vanificato e a nulla servì aver ingaggiato anche un fior di produttore come
Keith Olsen (
Whitesnake,
Sammy Hagar) che diede all'album un'impronta più heavy.
Nel frattempo nella band erano entrati anche il tastierista/chitarrista
Tod Howarth, che ritroveremo nei
Frehley's Comet, ed il cantante
Kevin Chalfant, poi nei grandissimi
Storm, di cui "
Eye Of The Storm", il secondo album, è uno dei pochi mega classici dell'aor anni '90.
La title-track lanciata in orbita da un intro pomposa di keys che ricorda
Gregg Giuffria mette subito in mostra le qualità dell'album con riff metallizzati, la stentorea voce del divino Chalfant e assoli di chitarra ficcanti. Con "
Can't Hold Back" si può addirittura azzardare il confronto con i
Journey di "
Escape", con un piano alla
Jonathan Cain ed un songwriting stellare. "
Get To You" è puro hard rock e si sentono i trascorsi di Keith Olsen alla corte di
Sammy Hagar, mentre nella ballad "
Out Of The Dark" appoggiata sul piano si ritorna su materiale Journey-esque. Serratissimo il riff di "
Hell Or High Water" ed è proprio quest'alternanza piano/ forte uno dei tratti distintivi di "Mega Force". "
We Will Last" è un'altra composizione ricca di gusto per gli arrangiamenti con keys, piano, chitarre hardeggianti sapientemente amalgamate, break in fase di solo scoppiettanti a corredo di un suono spaziale che ancora una volta rimanda ad "Escape". Con "
Write Again" si esplora l'hard rock yankee, quello dei seminali
Montrose, ripristinato secondo un'ottica anni '80, poi spetta a "
Heartbeat" in chiusura a stemperare gli umori hard, con un mid tempo che forse è l'episodio meno vincente del disco, anche se il solo di chitarra è sempre di pregevole fattura.
"Mega Force" è un altro suggestivo album della prima parte degli eighties, quella che molti ignorano, ma piena di album validissimi come in questo caso, tanto che la
MTM ristamperà l'album per la sua collana '
Classic'.