I
Funeral Storm sono una macchina del tempo.
"Chthonic Invocations", il secondo album del gruppo, che segue il debut a ben cinque anni di distanza, poteva benissimo uscire nel 1993 ed essere registrato agli indimenticabili Unisound Studios.
Le atmosfere sono, esattamente, le stesse.
I suoni, seppur "modernizzati", vengono proprio da quel periodo.
La
perfetta unione di melodia mediterranea ed oscurità degli abissi, trasformata in una colata di note maligne ma, al contempo, calde, ci riporta in Grecia nella prima metà di un decennio magico.
La voce dannata di
Stefan Necroabyssious (se non sapete chi sia, non conoscete la Storia) è rimasta intatta nonostante il passare del tempo ed esalta composizioni "semplici", dirette, sulfuree e ricche di splendidi intrecci melodici... proprio come allora.
"Chthonic Invocations" è, dunque, un viaggio a ritroso nel tempo, è un simbolo di una musica immortale, è una ferita che squarcia il panorama di dio, è una melmosa palude dove dimora, invincibile, sua maestà degli abissi. Questo non è solo un album, ma un mirabile spaccato di quello che era una volta, uno spaccato, badate bene, non meramente nostalgico ma vivo, pulsante e, ovviamente, nero come la più nera delle tele su cui incidere il proprio messaggio.
Per chi non lo avesse ancora capito, i
Funeral Storm sono l'
Hellenic Black Metal.
Non serve nessuna altra parola.
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