Ho un rispetto quasi morboso per la
Norma Evangelium Diaboli, una delle poche, se non la sola, etichetta discografica davvero coinvolta in quello che fa, lontanissima dalle logiche meramente commerciali (che comunque ha), sostenuta da una reale ideologia estrema, misantropica e settoriale, come accadeva, più o meno, solo trenta anni fa quando la nostra società, almeno in ambito musicale, era molto più credibile.
Non avevo dubbi, quindi, che il nuovo album degli svedesi
Lifvsleda avrebbe, nuovamente, spalancato le porte per gli inferi e materializzato in musica il concetto stesso di malvagità.
"Evangelii Härold" è il Male.
Nessuna concessione a melodie banali.
Gelido. Tagliente. Nerissimo.
Scolpito nel ghiaccio dei primi anni '90, questo album è sferzante come solo l'inverno può esserlo, apocalittico come solo la distruzione di ogni cosa, elitario quasi a voler sottolineare la sua estraneità al mondo moderno, e, soprattutto, carico di sdegno e disprezzo per tutto e tutti.
Sensazioni negative e malate che questi musicisti riescono a trasformare in note ed in canzoni perfette, mosse da una spietata logica di disperazione, nelle quali si fondono riffing satanico e marziale, spiazzanti riverberi atmosferici, inquietanti voci narranti, velocità belligeranti e urla che provengono dal profondo di un animo tormentato ed assassino.
Tutto questo è il mondo dei
Lifvsleda, un gruppo che, in realtà, non esiste concretamente poiché trasformatosi in pura, ed immersiva, essenza di nero assoluto, un nero che avvolge le brillanti intuizioni melodiche, i rallentamenti asfissianti che rimandano agli insegnamenti del Conte, le rasoiate che ti squarciano la pelle, e le spettrali costruzioni armoniche di un lavoro da maneggiare con cura e da venerare nell'assoluto silenzio della notte, quando la luce non c'è.
Black Fuckin' Metal.
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