Non sono un grande estimatore degli
album di
cover, e se ho richiesto al
Sommo di occuparmi di questo “
Tattoo me” senza approfondirne più di tanto i contenuti, prima di tutto è perché il mio “rapporto affettivo” con
Lee Aaron ha origini lontane nel tempo e poi perché ho apprezzato parecchio il suo ritorno al
Grande Vecchio Rock n’ Roll (un po’ meno l’approccio oltremodo
poppettoso di “
Elevate”).
Cosa dire, dunque, di questo lavoro?
Beh, innanzi tutto bisogna plaudere all’eclettico gusto musicale della
rockeuse canadese, che come dichiara lei stessa nelle note promozionali ha voluto impegnarsi in un viaggio nostalgico che rende omaggio ai musicisti che hanno contribuito a plasmare il suo percorso artistico, spaziando così dai The 77s alle Hole, passando per Led Zeppelin, Elastica, Jet e Nina Simone.
Un “sacco di roba” varia, insomma, gestita con acume, personalità e rispetto, il tutto nobilitato dall’ugola smagliante e spavalda di una cantante in grande forma.
Come detto, nel calderone, c’è un po’ di tutto, e se personalmente ho apprezzato in particolare la nostra confrontarsi con una collega (altrettanto) iconica del calibro di
Ann Wilson (nell’
up-tempo “
Even it up” degli Heart) e offrire una brillante versione al “femminile” di
Alice Cooper (nella strisciante “
Is it my body”) ed
Elton John (in una trascrizione più “asciutta” della celebre “
Someone saved my life tonight”) è altresì curioso sentirla adattare in maniera piuttosto proficua la sua ugola a circostanze soniche più “moderne” e apparentemente meno adatte alle sue corde espressive (vedasi “
Malibu” delle Hole e “
Connection” delle Elastica).
Per il resto, ascoltarla trattare con innata disinvoltura
hit epocali (“
Go your own way” dei Fleetwood Mac) e affrontare con discreto profitto
test ad altissimo rischio di “figuraccia” (“
The pusher”, brano reso celebre dagli Steppenwolf, anche grazie a “
Easy rider”, ma che è stato interpretato anche dalla voce straordinaria di
Nina Simone) è un bel modo per occupare il proprio tempo di “qualità”, magari rilassandosi prima di ascolti maggiormente concentrati e impegnativi.
Segnalo, infine, l’inno
pop-punk “
Teenage kicks”, un po’ perché consente di ricordare gli irlandesi The Undertones, non sempre adeguatamente celebrati, e un po’ perché talvolta, a qualunque età, “
sentirsi come un adolescente” che si diverte e non ha tante preoccupazioni, non rappresenta un segno di biasimabile immaturità, e anzi diventa un modo benefico di allentare lo
stress … concediamoci quindi tali momenti senza troppi patemi, magari proprio mentre ascoltiamo questo gradevole “
Tattoo me”.
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