Tra i progetti più particolari nei quali io mi sia imbattuto negli ultimi anni, il tedesco
Azketem ricopre una posizione speciale grazie al suo black metal molto lontano dalla tradizione del genere, e ad un approccio sonoro particolarmente originale sebbene scevro da velleità di tipo avantgarde.
Il secondo lavoro del musicista berlinese, semplicemente auto intitolato e con un artwork distante anni luce da quelli "tipici" del genere, continua a percorrere un territorio "strano" capace di creare una sorta di trance meditativa esaltata da tempi mai veloci, da riff semplici e ripetuti in modalità circolare, e da atmosfere che sono, contemporaneamente, glaciali e introspettive.
"Azketem", composto da brani mai sotto i sette minuti, a parte intro e outro, risulta essere un album ieratico e riflessivo sul quale si staglia, in un ulteriore elemento distintivo, la voce del leader il quale più che cantare, recita nenie ossessive senza ricorrere, se non per brevi tratti, allo scream riuscendo a contribuire, in modo decisivo, al successo di questo ibrido doom/black/drone che, di certo, necessità della giusta predisposizione per essere capito ed apprezzato, e che potrà fare breccia negli animi più malinconici tra gli ascoltatori per via di quella patina triste, ed a volte inquietante, di cui è rivestito ed alla quale concorrono, in modo determinante, le tastiere usate con parsimonia e con spirito "alieno".
Non ci troviamo di fronte ad un ascolto semplice, e non è escluso che le traiettorie di questo album possano anche risultare monotone, tuttavia va riconosciuto al nostro di saper scavare all'interno dell'animo umano andando a dipingere scenari ultraterreni e forte desiderio di evasione, il tutto, lo ripeto, attraverso un suono diverso e personale che rendono
Azketem un gruppo di certo interessante e non scontato.
Se avete voglia di qualcosa di poco convenzionale, ve ne consiglio l'ascolto.
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