I tempi cambiano … tra il “
Live fast die young” di qualche anno fa e il “
Better old than dead” dei
Blues Joke, anche per questioni squisitamente “anagrafiche”, sono ovviamente più propenso a sostenere l’immagine evocata nel titolo del debutto discografico del terzetto veneto, oggetto di questa disamina.
Ciò detto, passiamo ad esporre la filosofia musicale che alimenta il gruppo nella sua opera prima, ovvero un’applicazione devota e fondata dei principi espressivi che sottendono l’
hard-blues e il
southern-rock, appresi attraverso lo studio accurato e non dogmatico del
modus operandi di Free, Led Zeppelin, Grand Funk, Molly Hatchet e Doc Holliday.
Parte integrante di quel “sottobosco” del veronese che già ha rivelato (anche grazie al sapiente lavoro dell’
Andromeda Relix) agli estimatori del genere il valore di Bullfrog, Black Mama e C. Zek Band, il trio in questione, forte di una preparazione piuttosto solida e variegata, sforna un dischetto assai godibile, in cui l’abusato concetto della “ispirazione” assume, come spesso accade in settori così codificati, un ruolo di assoluta preminenza.
Ebbene, fin dal primo contatto con “
Better old than dead”, si comprende che a sostenere le modalità operative di un suono “antico” c’è tanta sostanza, a costituire una prova musicale ricca di
feeling, dovizia espressiva e capacità comunicativa.
Meriti che vanno equamente suddivisi tra i tre musicisti, con una speciale menzione per il
vocalist Francesco Caldarola, dotato di una laringe capace di ”scalare” il pentagramma senza perdere di calore e intensità.
Tra i miei brani preferiti, segnalo l’avvolgente
opener di “
At the end” (con un uso, a tratti, abbastanza “singolare” della batteria, probabile retaggio delle esperienze con Mothercare e Aneurysm del
drummer …), l’ombrosa e pulsante “
Hater”, la “sudista” “
Free nine” e poi ancora "
Know your place” “
Let’s rock you all” e “
Damned” riuscite celebrazioni dell’arte immarcescibile di un “certo”
Dirigibile.
In un programma privo di vere controindicazioni merita, infine, una citazione particolare anche l’eccellente epilogo "
Wasting time”, uno
slow denso di
pathos, che evita il rischio di scadere nella pantomima melensa.
Riferimenti evidenti e “familiari”, ma trattati con competenza e genuina disinvoltura, ecco quello che troverete in “
Better old than dead”, e se le radici più profonde del
rock, quelle impregnate di sudore, passionalità e adrenalina, hanno “ancora” senso per il vostro modo d’intendere la musica, non lasciatevi sfuggire l’opportunità di aggiungere i
Blues Joke tra le
band in grado di soddisfare le vostre esigenze d’ascolto.
Non è ancora stato scritto nessun commento per quest'album! Vuoi essere il primo?