Metti insieme dei musicisti scafati e dalle radici che affondano nell'humus del miglior Heavy Metal d'annata, e quello che ottieni sono gli
Hands Of Goro.
Nella versione originale di Goro, le braccia del lottatore (uno dei personaggi della serie di videogiochi Mortal Kombat) sono quattro, ma qui siamo alle prese con un terzetto, quindi qui di braccia ce ne sono un paio in più.
E questo power trio, che è stato messo su da
Adrian Maestas (bassista dei The Lord Weird Slough Feg) e
Tom Draper (chitarrista dei Pounder ed ex Spirit Adrift), cui poi si è unito
Avinash Mittur (drummer nei Nite e Lyccidfelth), forgia un sound che un po' pomposamente hanno definito come "Third Wave of British Heavy Metal", ma in realtà più che guardare in avanti guarda indietro, ai primordi del genere, direi anche gettando qualche occhiata ad altre influenze, dal Punk al Prog Rock e al Seventies Hard Rock.
Si parte con il passo motorhediano di "
Prince of Shokan" (il suo DNA rivela evidenti tracce di ruvido Hard Rock, tra Thin Lizzy e KISS) e "
Demonizer", ben pompata dal basso di
Adrian Maestas, mentre il più classico Heavy Metal fa capolino con "
Uncanny", cavalcata piacevolmente demodè che era già presente in una versione più sintetica su "New Organon" (2019) dei The Lord Weird Slough Feg, e nell'occasione vede rinvigorita la già imponente ed insistita scorribanda strumentale. Non mostra cedimenti nemmeno la seguente "
21st Century Plague", un brano dall'impatto frontale che avrebbero potuto suonare - ovviamente strapazzandolo maggiormente - i Venom, per poi cambiare completamente approccio con l'urgenza rockettara di una "
You Have No Face" non particolarmente convincente pur nella sua semplicità.
Si sale di livello con "
Waste of Blood", episodio di un Heavy Metal cupo dove si possono cogliere segni degli Angel Witch, con i quali
Draper ha suonato dal vivo, ed anche in questo frangente gli
Hands Of Goro danno il meglio di sé nel break strumentale.
Non convince poi molto l'approccio alla "Metallica maniera - Garage Inc." di "
End to End", con
Maestas che oltre al basso si prende carico delle parti vocali, provando pure ad confrontarsi con James Hetfield, molto meglio invece la conclusiva "
Archduke of Fear", solida e dalla forte personalità, ben rivolta all'esempio degli Eighties ed accostabile ai Riot, con
Maestas che finalmente è autore di un discreto lavoro anche dietro al microfono, per quanto poi siano sempre le dilatate parti musicali a far la parte del leone e ad emergere vincenti.
Un po' di divertimento e fantasia, tanta devozione, con gli aspetti positivi che superano (non di molto però...) quelli negativi.
Vedremo se gli
Hands Of Goro avranno un seguito o rimarranno un progetto estemporaneo.
Metal.it
What else?
Non è ancora stato scritto nessun commento per quest'album! Vuoi essere il primo?