Copertina 7

Info

Anno di uscita:2024
Durata:39 min.
Etichetta:Iron Shield Records

Tracklist

  1. NATURAL BORN THRASHERS
  2. MASSIVE AGGRESSIVE
  3. THE WORLD IS MINE
  4. NO NEED FOR DEATH
  5. WAR AGAINST HYPOCRISY
  6. FLESH FROM BONES
  7. LIVING DEAD
  8. SALVATION
  9. THRASH IS LIFE
  10. MEN KILL MEN
  11. TO DIE FOR

Line up

  • Florian Negwer: vocals
  • Michael Helbig: guitars
  • Florian Helbig: guitars, vocals
  • Roland Schäfer: bass, vocals
  • Gareth "Hotte" Lathan: drums

Voto medio utenti

È una serie di randellate ad aprire l'ora di lezione che si tiene in Germania, dalle parti di Schweinfurt, luogo d'origine dei Lesson In Violence, che danno seguito al loro album d'esordio "The Thrashfall In Mankind" e che ricordo aver accolto con discreto entusiasmo.

Certo, ora le aspettative sono sicuramente più alte, ma tutto sommato questi thrasher teutonici non deludono.

Come già lasciato intendere dal titolo, "Natural Born Thrasher" è una vera mazzata sui denti, non che "Massive Aggressive" o "The World Is Mine" concedano momenti di tregua, anche qui l'insegnamento degli Exodus viene messo a frutto, ma i bavaresi guardano pure all'aggressività degli Slayer, al solismo sgraziato dei Blood Fest, alla determinazione dei Kreator e alla ferocia chirurgica dei Vio-Lence. Tante le band citate, e probabilmente con accostamenti ridondanti, al più utili a capire quello che è il mood dei Lesson In Violence, che si confermano credibili alfieri del genere piuttosto che degli opportunisti imitatori.
Va segnalato come rispetto all'esordio siano cambiati un paio di interpreti, con l'ingresso del chitarrista Michael Helbig e del batterista Gareth Lathan, subentrati rispettivamente a André Loesch e Matthias Krapp, ritocchi che non cambiano la sostanza, con i brani scartavetrati dall'ugola poco educata e riottosa (pensate a Andreas "Gerre" e Steve Souza che fanno a gara a chi ingoia più carta vetrata) di Florian Negwer. Su "No Need for Death" c'è comunque spazio anche per un fugace rallentamento, utili più che altro per prendere la rincorsa e ripartire a correre con la ben scandita "War Against Hypocrisy" che travolge tutto quanto gli si para davanti, ed inevitabilmente si arriva alla conclusiva "To Die For" con il collo ridotto a pezzi dai quaranta minuti di headbanging assicurati da "No Need for Death", un album indicato per chi cerca di evitare "i soliti nomi che fanno le solite cose": beh... qui non troverete innovazioni al più ripetizioni sulla materia.


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Recensione a cura di Sergio 'Ermo' Rapetti

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