Che band, signori miei, che band.
I greci
Sunburst debuttano nel 2018 con “
Fragments of Creation”, un album che mi aveva lasciato spiazzato per bellezza, competenza tecnica e
cuore, una variabile troppo spesso dimenticata nel power/prog. Ben sei anni dopo, i greci tornano a far danni, con un album, il qui presente “
Manifesto” che se possibile migliora la miscela sonora e ci fornisce un altro piccolo capolavoro.
Intanto, la ricetta: prendete un cantante come
Vasilis Georgiou, molto ma molto simile al Roy Khan dei tempi migliori, quelli di
Karma e dintorni. Aggiungete un impianto sonoro che nasce dal power, ma che subito deriva verso territori prog, con tonnellate di melodia; punti di riferimento? Pensate ai DGM, ai Vanden Plas, e se volete aggiungete un goccino di Evergrey per la drammaticità di certe soluzioni sonore. Il tutto condito da una botta puramente metal davvero notevole, una bella produzione ed una manciata di brani ad altissssimo indice di memorabilità: vi restano impigliati nelle orecchie dopo mezzo ascolto.
Tutto questo, normalmente, basterebbe per far urlare al miracolo. Quindi urliamo? Sì, possiamo decisamente godere appieno.
All killers, no fillers, come si diceva una volta, dalla impressionante “
The Flood” alla drammatica ed epica conclusione affidata a “
Nocturne”, in “Manifesto” non c’è una nota da skippare, e se siete metallari dal cuore morbido non potrete non godere delle incredibili melodie vocali di brani come “
Perpetual Descent”, “
Hollow Lies”, della cattiveria in guanti di velluto servita in “
Inimicus Intus” (che mi ricordano quasi gli Psychotic Waltz o i Circus Maximus).
Insomma, tirare le somme è facile: “
Manifesto” ha il destino nel nome, e segna il ritorno in pompa magna di una band clamorosa.
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