Irrompono nel mercato discografico i
Death Racer, band black/speed metal austriaca che pone le sue radici in una proposta che è altamente debitrice verso gruppi come Exciter, Razor, Artillery del primo periodo, ma anche gli Anthrax di 'Fistful Of Metal'. Il tutto corredato dalla voce di
Johnny Brise, anche bassista, estremamente acida e pungente, che rende l'ascolto generale il giusto compromesso tra il classico e uno stile più estremo. I quattro non avevano avuto, fin dal momento della loro nascita nel 2020, una grande serie di pubblicazioni in precedenza, un demo e uno split, ma non per questo
'From Gravel To The Grave' è un album che pecca di troppa inesperienza o insufficienze, anzi vi è una grande dose di energia e di passione che raramente si sente in uscite di gruppi più blasonati.
Sono trentacinque minuti votati alla furia e alla devastazione più totale (o la guerra più totale, come avrebbe detto qualcun altro), non una pausa, non uno stacco che accenna a qualsivoglia melodia. L'album procede diretto come un pugno in faccia, senza complimenti, sin dall'opener
'Motormentor', che tra l'altro nel mezzo riporta una parte di un discorso in italiano riguardante il salvataggio di Niki Lauda al Gran Premio di Germania del 1976, assieme a Guy Edwards ed altri piloti. Citazioni a parte, trovo sia inutile e tediante farvi un track by track quando vi sarete già fatti un'idea di ciò che vi aspetta, musicalmente parlando.
'Racers of Death',
'S.M. Death Worship',
'C.F.S.O.D.C.', sono tutte canzoni che sono figlie della scena metal anni 80', e che potranno senza alcun dubbio far felici coloro che cercano questo tipo di sound, votato all'headbanging più forsennato e senza tanti pensieri per la mente.
Test passato dunque per i
Death Racer, i quali senza inventare nulla, riescono nell'obiettivo di realizzare un album divertente, incisivo, e pieno, strapieno di vivacità e passione. Alle volte basta anche solo questo.
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