Credo che chiunque ami i Riot nutra un “sentimento” particolarmente intenso per
Guy Speranza, il cantante originale della
band americana, ma allo stesso tempo è impossibile non essere affezionati anche a
Rhett Forrester, un
vocalist straordinario in grado, grazie a perizia tecnica, duttilità espressiva e carisma, di non far rimpiangere il suo illustre predecessore.
Dopo quella felice esperienza, la carriera di
Forrester si giovò di svariate collaborazioni (ricordiamo in particolare quella con
Jack Starr, per il suo debutto
post Virgin Steele, “
Out of the darkness”) e intraprese anche una carriera da solista, senza però ottenere quell’affermazione che la sua ugola educata (con precettori del calibro di
Paul Rodgers, R.J. Dio,
Steven Tyler e
David Coverdale) avrebbe dovuto garantirgli.
Insomma, una sorta di prestigioso “cult-hero” della fonazione modulata, limitato da problemi di tossicodipendenza e consegnato alla “Storia del Rock” a causa di una scomparsa prematura e “violenta” (assassinato a soli trentasette anni durante un tentativo di furto della sua autovettura), all’interno di un capitolo di cui probabilmente ci si dimentica un po’ troppo spesso.
A tentare un “ripasso” delle sue spiccate qualità, ci pensa ora la
BraveWords Records, che raccoglie sotto l’intestazione “
The Complete Dr. Dirty sessions 1992-1993” il lavoro che il nostro ha svolto con il polistrumentista e compositore
Rob Robbins durante il periodo trascorso in Canada nei primi anni novanta.
Con il
monicker Dr. Dirty (inizialmente Mr. Dirty), il supporto nella scrittura di
Scot Gaines e quello esecutivo di
Rod Albon al basso e
Brent Gattoni alla batteria, il gruppo registra una manciata di brani all’insegna dell’
hard-rock “classico”, dominati dalla laringe di
Rhett e da un certo buongusto compositivo.
Nonostante l'interesse di alcune etichette, il progetto si scioglie prima della concretizzazione discografica e devo ammettere che anche ascoltati oggi, a distanza di una trentina d’anni dalla loro concezione ed esecuzione, questi pezzi sono davvero molto godibili, con apici espressivi che si chiamano “
Coming home”, “
Rescue me”, “T
oo little too late”, “
In and out” e “
Hold on” (con il tocco tastieristico di
Matt Whale), tutta “roba” da consigliare in particolare a chi non ha ancora smesso di fremere per Rainbow, Bad Company e Whitesnake.
Aggiungiamo al suddetto elenco anche il tocco Aerosmith-
esco di “
Smokin’ gun” e completiamo il tutto con una serie di
bonus-track (tra inediti e versioni
demo di pezzi già presenti in scaletta) ed otteniamo un’opera che riesce ad essere contemporaneamente un omaggio, una (ri)scoperta e un buon modo per trascorrere il proprio tempo in compagnia di una grande voce e di canzoni oltremodo gradevoli.
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