“
Creato in paradiso” … un titolo decisamente “impegnativo” che fortunatamente alla prova dei fatti non appare per nulla pretenzioso, almeno se anche voi amate alla follia l’
hard di classe e il
pomp rock americani, stili così ben rappresentati e “codificati” da autentici fenomeni di grinta e magniloquenza sonora denominati Starz, Angel, Legs Diamond e Giuffria.
Nati nel 1983 da un’intuizione di
Rik Fox (ex-WASP e Steeler, quelli con
Ron Keel,
Mark Edwards, e un “certo”
Yngwie J. Malmsteen, per intenderci …) con il nome SIN, dopo l’uscita dalla formazione del suddetto bassista, si “trasformano” in
Jag Wire e, grazie all’impatto che offrono sulla pur convulsa scena metallica di Los Angeles, vengono contattati e scritturati dalla
Target Records per il debutto discografico.
Il risultato è questo “
Made in heaven”, pubblicato nel 1985 e contenente otto canzoni semplicemente strepitose, abilmente pilotate dalla voce granulosa di
Art Deresh e sviluppate alla grande da musicisti (tra cui il sostituto di
Fox,
Joey Cristofanilli, uno che ha scritto anche per i Ratt …) che sembrano “nati” per questi suoni, tra chitarre taglienti e opulente, ritmiche funzionali e tastiere sfarzose.
L’atto di apertura “
All my love” è da “attentato coronarico” agli estimatori de genere, con quel cantato virile e adescante, degno del migliore
David Glen Eisley, l’atmosfera suggestiva, il coro a “presa rapida” e le chitarre frementi a completare un quadretto espressivo davvero appassionante.
Il
riff massiccio e il duello tra chitarra e tastiere di “
On the run” evocano una sorta di splendida fusione tra Starz, Rainbow e (i compagni di etichetta) Legs Diamond, e su una traiettoria ancor più risoluta si pone “
Heat of the night”, da consigliare a tutti i fans degli Alkatrazz.
Con l’incalzante “
Takin' the city”, l’enfatica
title-track del disco e l’ammaliante e
glitterata “
Love can't wait”, il clima ritorna ad essere maggiormente
pomposo, mentre “
Nothing at all”, sintonizzata su analoga lunghezza d’onda sconta un pizzico di eccessivo manierismo, prontamente cancellato dall’agguerrita “
Traitor”, che chiude il programma di un albo che rimarrà inspiegabilmente l’unica testimonianza artistica di un gruppo dotato di un talento scintillante, assolutamente meritevole di ulteriori evoluzioni.
Non vi rimane che sospendere la lettura e cercare immediatamente “
Made in heaven” (premiato, tra l’altro, con alcune ristampe, arricchite da intriganti
bonus …) e verificare in prima persona quanto questa musica sia effettivamente “divina” …
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