Settimo sigillo discografico per i finlandesi
Wolfheart, creatura musicale partorita, ormai più di un decennio fa, dall’instancabile
Tuomas Saukkonen (già nei
Before The Dawn e nei
Dawn Of Solace).
Draconian Darkness, uscito per
Reigning Phoenix Music, segue fedelmente i dettami stilistici tanto cari alla band e, più in generale, a tutto il filone di melodeath finnico, emanando la solita intensa aura di intima malinconia e toccante drammaticità, tipica delle affascinanti atmosfere nordiche.
Le composizioni del disco scorrono in maniera fluida, nonostante la continua alternanza tra momenti aggressivi, basati sull’impatto sonoro e quelli più melodici, dove invece, tutto ruota intorno alla profondità emotiva.
L’elemento chiave che fa pendere l’ago della bilancia verso le diverse atmosfere è chiaramente da individuare nelle abilità in
Tuomas Saukkonen, autore di una prova graffiante, sia dietro il microfono, dove sfoggia un growl di tutto rispetto, sia alla chitarra, la cui efficacia, viene rafforzata dallo stile particolarmente ficcante del secondo chitarrista della band, ovvero il greco
Vagelis Karzis.
Dal canto suo, la sezione ritmica, curata dall’ormai collaudata coppia
Lauri Silvonen (basso) e
Joonas Kauppinen (batteria), si dimostra sempre all’altezza, avvicendando partiture in cui, come si dice nel nobile gergo metallico, “si pesta come degli ossessi”, ad altre più cadenzate, dalla struttura quasi progressiva (vedasi tracce quali
Death Leads The Way,
Grave o la conclusiva
The Gale) che, per profondità emotiva, possono ricordare qualcosa dei connazionali
Insomnium o
Omnium Gatherum (senza tuttavia raggiungere i medesimi picchi qualitativi, chiaramente).
Non da meno la prestazione di
Saku Molinanen, abile a creare, con le sue orchestrazioni e con le sue tastiere, delle atmosfere affascinanti, profonde e tirate, il cui obiettivo (pienamente centrato), è palesemente quello di accrescere il pathos.
Draconian Darkness è l’ennesimo album riuscito dei
Wolfheart; un lavoro che probabilmente non raggiungerà le vette di
Tyhjyys (l’apice compositivo e creativo della band), ma che comunque, riesce a emozionare per l’eleganza delle sue composizioni e la profondità delle melodie, che tuttavia, non rimangono mai prigioniere della loro musicalità, ma risultano sempre incisive, grazie ad un song-writing che non abbassa mai la guardia.
Bravi, promossi anche a sto giro!
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