Copertina 5

Info

Genere:Heavy Metal
Anno di uscita:2024
Durata:45 min.
Etichetta:Dying Victims Productions

Tracklist

  1. MEGAS ALEXANDROS
  2. THREE EMPIRES FALL
  3. BERGENTRüCKUNG
  4. THE FIRES OF NANYUE
  5. CHOSEON
  6. THE LAST RAIDER KING
  7. SLEEPING CITY
  8. ROW, MASSILIANS, ROW
  9. SEVERAN

Line up

  • Brenden Crow: bass, guitars, vocals, folk instruments (additional)
  • Peter Werninck: drums, vocals (backing), keyboards
  • Ansgar Burke: guitars
  • John Gunn: vocals

Voto medio utenti

Dopo il pessimo Gododdin (2019) che, a distanza di tempo, turba ancora i miei ricordi, con la sua piattezza, gli scozzesi Midnight Force tornano con un nuovo full-length, intitolato Severan, uscito per la Dying Victims Productions.
Ce l’avranno fatta i Nostri a dar luogo ad un album, almeno decente?
No!
La band infatti, non fa registrare alcun sostanziale miglioramento, realizzando, una volta ancora, un lavoro noioso e innocuo, caratterizzato da poche idee, e pure parecchio confuse!
I Midnight Force non hanno ancora capito che non è sufficiente una produzione volutamente retrò (scusate, oggi si dice “vintage”), per ricreare le stesse atmosfere magiche e leggendarie della NWOBHM se, alla base, non c’è la sostanza. A maggior ragione, in un sottogenere, come quello della New Wave Of Traditional Heavy Metal, che oggi, può vantare una moltitudine di realtà più o meno interessanti, capaci di rielaborare i classici, creando cosi, un proprio stile personale e vantando una qualità musicale nettamente superiore rispetto a quella proposta dalla band di Glasgow.
Probabilmente, nelle intenzioni originali dei Midnight Force, le composizioni di Severan (un concept dalle tematiche epiche?) avrebbero dovuto essere impregnate di quell’aura mistica e solenne che fu dei Maiden di "Somewhere in Time" o di "Seventh Son" (scusate se è poco...alla faccia della modestia!) e, a tal proposito, c’è un maldestro (per non dire imbarazzante) tentativo di scopiazzare determinati riffs, refrains e perfino alcuni synth che fanno da sfondo, ma naturalmente, a conti fatti, le tracce non trasmettono nulla, risultando prive di mordente, ripetitive, caotiche e, soprattutto, decisamente brutte.
Qualche episodio che cerca faticosamente di emergere dal pantano della mediocrità c’è, ed è giusto menzionarlo; è il caso di Choseon, di Last Rider King, o della conclusiva title-track eppure, anche in questi casi, regna un disordine spiazzante, a livello di song-writing.
Duole ammetterlo, ma Severan conferma, una volta ancora, tutta la pochezza compisitiva di una band priva di idee, di personalità e di una propria personale concezione musicale.


Recensione a cura di Ettore Familiari

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