Chissà...forse ora qualcuno avrà da obiettare anche sulla prolificità della loro attività discografica, visto che, con il nuovo
War Hearts, giungono al quinto album in studio, in appena 7 anni di attività!
Strano destino quello dei
Frozen Crown; in ambito power, una delle realtà emergenti più interessanti del nostro paese nell’ultimo decennio, eppure recentemente diventati bersaglio di polemiche sterili e prevenute, per via di alcune scelte riguardanti la line-up.
Ma parliamo di cose serie...”
che è meglio!” (citaz. Puffo Quattrocchi).
Il passaggio alla
Napalm Records, non ha scalfito di molto il sound della band dedita, per l’appunto, a un power melodico e incisivo, avvolto da atmosfere mistiche, di estrazione tipicamente nordica. I refrains sono avvincenti, diretti ed interpretati con la solita bravura e la giusta dose di espressività, dalla voce evocativa di
Giada Etro. Le chitarre (adesso ben 3, a seguito dell’ingresso di
Alessia Lanzone, che affianca il mastermind
Federico Mondelli e
Fabiola "Sheena" Bellomo), si sono inevitabilmente irrobustite, assestandosi tuttavia, su registri sonori più tradizionali e lineari per il genere. Il comparto ritmico, affidato ai soliti
Francesco Zof (basso) e
Niso Tomasini (batteria), dal canto suo, mostra, come sempre, i muscoli.
Apparentemente quindi,
War Hearts è un lavoro ineccepibile; si tratta del classico disco in pieno “stile
Frozen Crown” che dimostra di possedere tutti i requisiti essenziali che caratterizzano il sound, del tutto personale, appartenente al dna della band.
Eppure, dopo un’analisi più approfondita, stavolta non va proprio tutto per il verso giusto.
War Hearts, pur essendo un bel lavoro, sembra mancare di qualcosa, rispetto ad un passato che, per la band, è sempre stato in crescendo e, quasi del tutto, privo di sbavature.
Sarà che i
Frozen Crown ci hanno abituato troppo bene in questi anni? O magari, mi sto rincitrullendo io? Opzione, quest’ultima, probabilmente ancora più valida della prima!
Sta di fatto che, talvolta, si ha la sensazione di essere al cospetto di un disco meno genuino e leggermente più freddo dei suoi predecessori.
Probabilmente, alcuni meccanismi iniziano a risentire di un certo logorio e non riescono più a trasmettere quella freschezza e quell’entusiasmo di qualche tempo fa; qui si finisce spesso per ricorrere alle medesime soluzioni, che ora appaiono leggermente forzate, per non dire abusate.
Di conseguenza, determinate tracce, comunque gradevoli, stentano a decollare (è il caso, tra le altre, della title-track, di
Steel And Gold, o di
On Silver Wings).
Laddove invece, i
Frozen Crown convincono pienamente, è in quei brani dalla struttura più elaborata, in cui, il taglio spiccatamente epic-fantasy delle composizioni, viene portato al suo massimo splendore, per mezzo di melodie più intime ed efficaci. Ne sono un fulgido esempio,
To Live To Die, la seducente
Bloodlines o la conclusiva
Ice Dragon, che rappresenta l'apice emotivo dell'intero full-length.
Ricapitolando,
War Hearts è indubbiamente un buon disco, che farà felici gli estimatori storici della band; è vivace, pungente, tecnico e colmo di musicalità. Tuttavia, si ha la percezione che la spinta propulsiva del cosiddetto ”effetto sorpresa”, su cui i
Frozen Crown hanno sempre potuto contare fino adesso, stia inevitabilmente esaurendo la sua energia.
Ma il
Mondelli, con la sua cazzimma e le sue abilità compositive, saprà sicuramente combattere anche l’impietoso incedere del tempo!