“
Era da tempo che avevamo in mente di fare un disco gospel … siamo entrambi grandi credenti in Gesù Cristo, quindi è proprio così che tutto è iniziato”.
Riporto le parole di
Donnie Van Zant nel prologo di questa disamina di “
Always look up” in modo da avvisare tutti i lettori che possono essere infastiditi (in quanto adepti convinti delle “truppe del male”, integralisti dell’agnosticismo o fondamentalisti appartenenti ad altre dottrine spirituali …) dai contenuti fortemente religiosi dell’albo.
Una volta scremata la platea, ai rimanenti impegnati alla lettura, poiché
fans dei
Van Zant o magari solo perché interessati soprattutto alla qualità della musica, comunico che assieme al messaggio apostolico il disco offre anche parecchio
blues-rock,
country e
southern, in maniera analoga a come il gruppo aveva già fatto in passato in opere come “
Brother to brother” o “
Get right with the man”.
Del resto, e qui torniamo a rivolgerci innanzitutto agli eventuali neofiti, da
Donnie Van Zant, co-fondatore dei 38 Special, e dal fratello
Johnny, artista solista e attuale voce dei Lynyrd Skynyrd (dopo la scomparsa del terzo fratello
Ronnie) era difficile aspettarsi qualcosa di molto diverso, anche se per quanto mi riguarda i due hanno dato il meglio di loro quando hanno impastato con spiccata esuberanza le suddette tipologie sonore con l’
AOR (emblematici, in tal senso proprio l’esordio eponimo dei
Van Zant o “
Tour de force”, “
Rockin’ into the night” e “
Strength in numbers” dei 38 Special).
Tornando all’oggetto dell’analisi, siamo dunque di fronte a una collezione di brani levigati e pieni di
pathos, emotivamente molto ricchi, da consigliare a chi apprezza certi suoni fortemente radicati nella cultura popolare nordamericana (così ben rappresentati da “gente” del calibro di
Neil Young,
Bob Dylan e
Bruce Springsteen … o ancora, in ambito squisitamente “sudista”, da The Allman Brothers Band o dagli stessi Lynyrd Skynyrd ...), il tutto ammantato da un senso di solennità, speranza e redenzione tipico di questo genere di proposte artistiche.
In tale contesto, se escludiamo la più la grintosa “
Jesus Christ”, il resto della raccolta si divide tra evocative ballate elettroacustiche (“
Awesome God”, "
Speak his name”, “
Why God brought me here” e “
Leaning on the cross”), avvolgenti atmosfere
southern (“
Holy moment”) e spigliatezze
country (“
Warrior” e “
There you are”) splendidamente interpretate da veterani del genere, che però questi suoni, e le relative tematiche affrontate, li “sentono” in maniera intensa e profonda.
“
Always look up” si rivela così un
album nell'insieme abbastanza gradevole, assai emozionale, musicalmente un po’ troppo uniforme e lezioso (e anche i testi dai toni eccessivamente “sermoneggianti” non aiutano, in realtà …), ma piuttosto “vero” e viscerale, forse la caratteristica più importante di un disco di
roots-rock.
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