I finlandesi
Ice Exiled, provenienti da Helsinki, debuttano per la
Inverse Records, con il loro
Reset The Sky.
La band, tramite questo disco d’esordio, mostra al pubblico la propria personale concezione musicale, basata su un prog-power pieno zeppo (forse troppo) di differenti sfumature, che generano un sound estremamente mutevole, talvolta contorto, basato su trame melodiche valide, anche se, a tratti, prevedibili.
L’album parte subito forte, con la tripletta iniziale
Open Fire-Civilzation Zero-Bloodfeud; si tratta di tre tracce dirette e aggressive ma, al tempo stesso, dotate di un altissimo tasso di musicalità e dalla struttura abbastanza lineare, rispetto a ciò che arriverà successivamente.
In queste circostanze, tutto sembra funzionare bene: dalla scelta delle linee melodiche, incisive e ficcanti, alle voci di
Miika Matilainen e
Veikko Sajaniemi, alla chitarra di
Oskari Kilpi, fino al reparto ritmico, affidato al bassista
Roger Gottleben e al drummer
Ville Nummisalo.
I problemi iniziano dalla successiva
Chained And Bound e si protraggono fino alla conclusiva
The Satellite (We Call Home).
In questa seconda parte infatti, gli
Ice Exiled cambiano decisamente strategia, optando per delle soluzioni molto più elaborate, tentando di miscelare, l’eleganza con la veemenza, ma lo fanno, a onor del vero, in maniera disordinata, tanto che l’esito finale non è per nulla convincente.
Capita cosi, a volte perfino all’interno del medesimo brano, vedasi la già citata
Chained And Bound,
Face The Night o
Anthropocentrum, che si passi da trame melodiche prevedibili, basate su una scontatissima e laccata musicalità, dal taglio vistosamente moderno, a improvvise sferzate di ferocia incontrollata che appaiono forzate e prive di logica, quindi innocue. Questi continui scossoni e saliscendi se, da una parte, potrebbero essere considerati una prerogativa del prog metal, d’altro canto, nel caso specifico, appaiono esagerati e male si amalgamano con il resto delle composizioni, generando, alla lunga, un effetto disorientante e controproducente.
Riassumendo, gli
Ice Exiled dopo un inizio più che promettente e parecchi spunti interessanti, virano poi inaspettatamente il proprio registro sonoro, verso lande più sperimentali, cercando di risultare a tutti i costi orecchiabili e, al tempo stesso, cattivi, perdendo però credibilità.
Risultato finale:
Reset The Sky si rivela una creatura strana, variegata, camaleontica all’inverosimile, a tal punto da divenire spiazzante e purtroppo, anche eccessivamente confusa.
Peccato, perché i primi brani facevano presagire un lavoro di ben altra caratura!