I
Capilla Ardiente sono un quintetto cileno in azione sin dal 2005, formati per iniziativa di
Felipe Plaza Kutzbach e
Claudio Botarro Neira, che poi si ritroveranno anche nei Procession, due band accumunate anche dalla dedizione nei confronti di sonorità oscure, dilatate e doomeggiante.
E se tutti i musicisti che fanno parte della band hanno un curriculum piuttosto nutrito, va segnalato come
Felipe Plaza Kutzbach, dopo essersi trasferito in Svezia, sia entrato a far parte dei Nifelheim (da chitarrista) e collabori anche con i Deströyer 666 (alle vocals e al basso) e in tempi più recenti con gli Scald (ancora dietro al microfono).
Con queste premesse era difficile pensare che i
Capilla Ardiente (
Camera Ardente) si dedicassero al Power Metal o comunque ad una proposta solare ed aggraziata. Infatti, quello che emerge da "
Where Gods Live and Men Die", come già per i due precedenti album, è un corposo Doom Metal che sulla scia delle formazioni seminali per il genere, quali ad esempio Candlemass, Solitude Aeturnus o Solstice, si snoda lento e sinuoso per tre quarti d'ora che vengono declinati in soli quattro brani, con l'iniziale "
Envenomed" che si stende per più di dodici minuti, sotto un lungo velo strumentale, sostenuto, pulsante e ispirato dai Candlemass, che viene strappato via quando sul pezzo irrompe
Felipe Plaza Kutzbach, con la sua voce potente e declamatoria che però non offre particolari variazioni, lontano dalla versatilità di un Robert Lowe o dall'epicità di Johan Längquist, emozioni che vengono espresse maggiormente a livello strumentale dagli insistiti chiaroscuri - con il predominio dei secondi, ovviamente - che i due chitarristi
Julio Bórquez (solista) e
Igor Leiva (ritmica) cesellano sul solido incedere della sezione ritmica, composta oltre dal già citato
Claudio Botarro Neira al basso e dal batterista
Francisco Aguirre. L'opener scorre più velocemente del previsto, con la seguente "
The Hands of Fate Around My Neck" che riesce ad evitare l'effetto
déjà-vu, grazie ad un passo più sciolto (sempre contestualizzato alla proposta dei
Capilla Ardiente) e a quei sussulti che in qualche frangente mi hanno fatto pensare ad un malsano ibrido tra Sorcerer e Mercyful Fate. "
Now Here. Nowhere." si scosta dalle sonorità ascoltate sinora a favore di soluzioni quasi malmsteeniane, dove su un drumming dai ritmi sincopati si esalta la solista di
Bórquez, ma allo stesso tempo viene messo in affanno
Kutzbach, spingendolo a salire su registri più alti e probabilmente fuori da quella che sembra essere la sua comfort zone, dato che riesce meglio nella porzione centrale, dalle sonorità più ossianiche.
La conclusiva "
As I Lie on the Summit" è l'unica traccia sotto i dieci minuti (seppur per una sola manciata di secondi) ed anche la più veloce del disco e quella dalla maggior spinta epica, letteralmente dominata dal suono del basso, e spero di non dire un'eresia nell'immaginare che i cileni abbiano guardato anche ai Bathory e ai Mercyful Fate nel dare vita a questa canzone.
"
Where Gods Live and Men Die" non è un album da approcciare con leggerezza e superficialità, sia musicalmente sia a livello lirico, dove si affronta il tema della morte e su come poter affrontare l'ultimo atto dell'esistenza, e i
Capilla Ardiente ci accompagnano in questo viaggio con una proposta musicale all'altezza, anche se talvolta sembra mancare il
coup de grâce.
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