Ai tempi di “
Luminance” ero rimasto parecchio “impressionato” da come i
FARO avevano saputo stimolare la riflessione interiore, amplificando quelle emozioni troppo spesso soffocate in nome della frenesia che caratterizza la nostra società.
Li ritrovo oggi con “
Nu-man” e mi rendo conto che questi quattro anni non sono passati “invano”, e che le ambizioni sono cresciute di pari passo con la maturità di una
band che decide di confrontarsi con un
concept definito “
un viaggio verso il Transumanesimo”.
L’esplorazione della nostra epoca, confusa e piena di speranze, in cui assistere alla nascita di un nuovo essere vivente, ibrido, formalmente perfetto e ipertecnologico, ma incapace di provare emozioni, diventa così il canovaccio narrativo su cui il duo abruzzese (con il contributo dei suoi valenti ospiti) traccia architetture sonore ancora una volta introspettive e malinconiche, “colorate” però da arrangiamenti ancora più raffinati e meticolosi, annodando il tutto attraverso il “filo rosso” di un’omogeneità di fondo che in un contesto così immersivo diventa pregio e non il risultato di una pavida indolenza artistica.
La ricchezza, prima di tutto passionale e poi espressiva, di “
Nu-man”, sospeso tra
dark,
prog,
metal e
alternative, dimostra quanto i
FARO abbiano lavorato per rendere le loro fonti ispirative primarie (riassumibili in uno crogiolo in cui collidono lietamente le sfumate effigi di Fates Warning, Evergrey, Riverside, Katatonia e A Perfect Circle …) maggiormente costruttive, funzionali a trasmettere all’astante un profondo senso di turbamento, mistero e catarsi.
Un lungo (per qualcuno, non è difficile prevederlo, pure troppo …), nebuloso e intenso percorso sonico, che riesce a far viaggiare mente e anima fin dal potente atto iniziale “
Isaac” (in cui affiora addirittura qualcosa di
Peter Steele nel tenebroso cantato di
Rocco De Simone) e s’interrompe senza pause con “
Touch”, avvolgente e sfarzosa uscita da questo magnetico, poetico e tormentato universo musicale.
Tra i due confini dell’opera si collocano poi trame dal registro rarefatto (“
Crystal cage”, “
The mirror”, “
Appearances”), suggestioni pulsanti e stranianti (“
Paradox”, “
Inside”) e folate sinuose e melodrammatiche (“
Protective”, “
Knots”), a volte squarciate da tenui raggi “solari” (“
Cradle”) e altre mestamente irretenti (“
Blow”, “
Room 39”, “
Red thread”), senza dimenticare di rammentare all’uditorio come il malessere esistenziale possa passare anche attraverso brandelli di affabilità elettronica (“
Human”).
La persistente sensazione di “languida inquietudine” che diffonde “
Nu-man” potrà forse limitare l’impatto del disco tra i
rockofili più impazienti e smaniosi, mentre per chi ama immergersi nei suoni meditativi ed emozionali, i
FARO rappresentano senz’altro uno strumento di fascinosa sensibilizzazione del proprio apparato
cardio-uditivo.
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