"Мрьтвоземъ" è un album assolutamente impenetrabile.
Denso, nero, possente, impetuoso e strettamente intrecciato con la storia e la natura dei monti Urali.
Il suo suono è una marcia devastante fatta di un insormontabile muro di chitarre, di una sezione ritmica che non si concede fronzoli ma che spazza via ogni cosa come il soffio, selvaggio, del più intransigente dei venti, di una voce, torturata e profonda, che gorgoglia dal buio delle miniere dove gli esseri umani non sono tali, di accelerazioni che lasciano, letteralmente, senza fiato, una marcia in cui tutte queste componenti sono unite, con mano sapiente, in un magma colante di mancanza di luce ed immensi panorami che si dischiudono, magnifici, davanti ad occhi bagnati da lacrime e polvere.

E poi ci sono le Melodie.

Epiche, scevre di umanità, addirittura carezzevoli ma aspre, tristi e tuttavia raggianti nella loro capacità di irradiare calore, dall'anima folk che non dimentica la storia e la sofferenza di un popolo intero.
Questi sono i Vspolokh.
Questo è l'urlo straziante e rabbioso della loro madre Patria.
Non esiste spazio alcuno per vili concessioni alla futilità: nel nucleo di questo disco può esserci solo strenua lotta, furia antica, la viscida bava di un cane rabbioso e le sconcertanti intuizioni artistiche che rendono palpabili emozione e pathos.

Il Black Metal qui assurge ad Arte.
Non esiste una musica più viva di questa, una musica con la capacità di penetrarti l'animo, facendolo a brandelli, cullandolo, dilaniandolo e poi, di nuovo, prendendolo tra le proprie braccia, mentre noi ascoltiamo, sgomenti, la magnificenza di questo colosso sonoro che si abbatte, stentoreo, su di noi.

Capolavoro di odio russo.