Uhmmm … Marco Sivo … questo nome non mi è nuovo … eh già, per forza che l’ho già sentito! Era sua la splendida voce che si poteva udire in quel gioiellino di heavy-prog-dark denominato “Reviviscence”, “l’ambasciatore” targato 2004 della grandezza dei Time Machine.
In questo caso il talentuoso singer abbandona quelle atmosfere e si dedica, con un bel gruppetto di ottimi musicisti, a quel particolare stile musicale che ama iniettare melodie accessibili nelle fibre muscolose dei potenti riffs del rock duro, di quella musica, insomma, che, dai natali tipicamente yankee, ha avuto la sua massima esplosione nei mid-eighties (con significative propagazioni sino ai primissimi anni novanta) e che oggi sembra avere trovato nuovamente un terreno discretamente fertile dove rifiorire adeguatamente.
Il buon Sivo si dimostra un cantante davvero versatile (ricordiamolo anche tra le file dei Valas e dei Betoken) e la sua tecnica inappuntabile per interpretazione, estensione ed intonazione si mette al servizio dell’hard rock melodico contenuto nel dischetto, con gran disinvoltura e spontaneità, svelando, probabilmente, una passione istintiva anche per questi suoni leggermente più disimpegnati e caratterizzati da una maggiormente esplicita quota di puro “divertimento”.
In “So good!”, tutto richiama la stagione aurea del genere, a partire dalla copertina gradevolmente “sessista”, per giungere a quattro tracce (più intro) davvero abili nell’evocare gruppi quali Danger Danger, Diving For Pearls, Hurricane, Skid Row, Winger, early Bon Jovi, Steelheart, un repertorio capace di assorbire, insomma, con la medesima naturalezza, la sensibilità dell’AOR più solido, segnali della natura “selvaggia” e abrasiva del r’ ‘n’ r’ e la classe del metallo dall’anima raffinata.
L’equilibrio tra melodia ed esplosivo impatto sonoro si manifesta istantaneamente in “Unchain my heart” e in “I'll be there”, due tracce eccellenti sotto tutti i punti di vista, in “The fairy tale” viene esplorata la vena romantica della band, con Sivo che impartisce intense e seducenti linee vocali al brano, mentre “For everything” è caratterizzata da un songwriting inattaccabile; vitale ed espressivo nelle armonie e robusto nella struttura portante: uno spettacolare hard “radiofonico” USA a 24 carati.
Ribadendo la ragguardevole preparazione di tutto il personale esecutivo e ponendo l’accento sulla professionalità globale del prodotto, sia sotto il profilo grafico, sia per quanto riguarda la nitidezza e la potenza della registrazione, non mi resta che consigliarvi caldamente l’ascolto di un dischetto in pratica privo di controindicazioni.
I Planethard stanno attualmente completando il loro primo full-length e sono alla ricerca di una label che voglia investire nel loro progetto … per quanto mi riguarda, li ritengo pronti fin da oggi al “grande salto” discografico e spero di avere quanto prima la possibilità di apprezzare le loro qualità su di una distanza maggiore, magari già sotto l’egida di un’etichetta seria e competente, che possa garantire loro una meritata visibilità.

Contatti: www.planethard.net