Copertina 4

Info

Genere:Heavy Metal
Anno di uscita:2024
Durata:43 min.
Etichetta:Reigning Phoenix Music

Tracklist

  1. ANGER
  2. BLOOD OF THE KINGS
  3. LULLABY
  4. THE GRAND INFERNO
  5. FALLING APART
  6. WALBORG
  7. VANTABLACK
  8. ME, MYSELF, MY ENEMY
  9. CHAOS
  10. SOUND OF A VIOLIN
  11. ANGEL EYES

Line up

  • Karl Johansson: bass, keyboards
  • Anders Johansson: drums
  • Nick Johansson: guitars
  • Michael Andersson: vocals

Voto medio utenti

Trovo veramente complicato descivere come i Tungsten abbiano dato vita a probabilmente il disco più brutto ascoltato finora di questo 2024, ormai al termine. Perchè sarebbe facile troppo facile sintetizzare il tutto in poche frasi, è immondizia sonora, e altri simpatiche espressioni. No, già che siamo nell'abisso, esploriamolo e capiamo perchè bisogna allontanarsi con tutta la volontà possibile da musica del genere. Nati come progetto del batterista Anders Johansson, batterista conosciuto per aver collaborato con Malmsteen ed Hammerfall tra i tanti, assieme ai due figlioli Karl e Nick, supportati poi dal buon vocalist Michael Andersson, la band è già arrivata dopo pochi anni dalla propria nascita al quarto album in studio, per l'appunto 'The Grand Inferno'. E se la copertina può trarre in inganno, come capitato anche al sottoscritto, di avere davanti un album di heavy metal che non si preannuncia certo straordinario, ma comunque gradevole, ecco è (purtropo) tutto il contrario.



Ci troviamo faccia a faccia con un mix di vari stili, da sonorità più moderne (non va preso come un complimento in questo caso) proprie degli Amaranthe, Ad Infinitum, Infected Rain, e tutto il carrozzone che ne segue, come si può ascoltare nell'orribile 'Lullaby'. Tutto ciò mischiato con quanto più possibile ci sia, dagli In Flames nel loro peggior periodo ('Anger'), ai ritornelli degli Hammerfall meno ispirati, a tastiere che sembrano ricordare i Pretty Maids sotto steroidi ('Blood Of The Kings'). Qualcosa da salvare? Piccoi spiragli dati, come detto, dalla voce di Andersson che ad esempio nella Titletrack dà una buona prova, ma viene tutto sommerso molto presto da un vuoto compositivo che ha ben poco da dire, penso a 'Me, Myself, My Enemy' o a 'Chaos' che ricalca benissimo ciò che sono diventati per esempio gli Orden Ogan, riff dal presunto stampo moderno e ritornelli ultra pompati che lasciano niente dopo l'ascolto.

Bene, ora che abbiamo scandagliato assieme l'orrore di 'The Grand Inferno' possiamo risalire alla luce e sperare di non doverci trovare nuovamente davanti ad album del genere. A mai più.

'salimmo sù, el primo e io secondo,
tanto ch’i’ vidi de le cose belle
che porta ’l ciel, per un pertugio tondo.
E quindi uscimmo a riveder le stelle'
Recensione a cura di Francesco Metelli

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