Ultimi giorni dell’anno … tempo di consuntivi, di “buoni propositi” per il futuro e, per quanto riguarda la nobile attività di “scribacchino della gloria”, di doverosi “recuperi”, relativi a produzioni musicali sfuggite per svariate ragioni.
Quello degli
Atlantic è un rientro discografico meritevole di commento, a dispetto del fatto che, come spesso accade, nel 2024 la
band è profondamente diversa da quella che nel 1994, con il gioiellino “
Power”, aveva strenuamente difeso le prerogative dell’
AOR in tempi ben poco propizi a sostenere tali suoni.
E non si tratta, tanto per essere ancora più chiari, di un modesto surrogato dei “classici” del genere, che deve la sua reputazione solo al periodo di “magra” … i nostri effettivamente non “inventavano” nulla, ma se amate FM,
John Waite, Bad English e Foreigner, sono certo apprezzerete ancora oggi quella “coccola” di sonorità levigate, ammalianti e avvolgenti, capeggiata da pezzi favolosi come “
Power over me”, “
Nothing to lose” e “
Dangerous games”.
Ciò detto, torniamo a “bomba” a questo “
Another world” in cui
Simon Harrison è l’unico elemento di continuità con il passato, supportato nell’impresa da ottimi musicisti, tra cui
Mark Grimmett, fratello del compianto
Steve (Grim Reaper, Onslaught, Lionsheart, …), alla gestione microfonica.
Le attinenze espressive (e le ambizioni artistiche, pure …), nonostante i cambiamenti di
line-up, rimangono sostanzialmente le stesse e se, in periodi di frenesie, brutture e ansie, anche voi gradite immergervi (per un po', almeno ...) in un “altro mondo” fatto di note vellutate, suadenti e raffinate, non posso far altro che consigliarvi di concedere una
chance alla vivace eleganza di “
Ready or not”, alle fascinose lusinghe di “
Without love” e della bellissima “
Nothing more I can say” o ancora all’incanto crepuscolare di “
Hold on”, a cui sottrarsi è davvero piuttosto complicato.
L’accattivante
“I'll be waiting” e l’afflato nostalgico di “
If this is goodbye” rappresentano altre due eccellenti esibizioni di affabile “arte adulta”, la quale, però, non disdegna anche piccole scosse d’energia sonica, garantite da “
Whole lot of love” e poi anche da "
This ain't love”, intrisa di spigliate suggestioni di natura
southern / blues.
“
Loving arms”, “
Dream about you” e “
Missing you” (non lontanissima dalla celebre canzone omonima) arricchiscono ulteriormente la quota di melodia felpata e rinfrancante della scaletta, a completamento di un disco che consente di accogliere gli
Atlantic nella grande famiglia dei gruppi di “ritorno”, collocandoli però nella sezione della categoria dedicata a quelli che sono stati capaci di non “disonorare” per nulla i loro considerevoli meriti passati.
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