Evidentemente non pago di quanto di buono sta combinando, in ambito thrash, coi suoi ottimi
Inculter, l’eclettico polistrumentista norvegese
Remi Andrè Nygård, proveniente dalla fredda Bergen, decide di dare vita ad un progetto parallelo, basato su sonorità più tradizionali, non prive tuttavia, delle tipiche peculiarità nordiche.
Nascono cosi, i
Morax (in cui, a dire il vero, il buon
Remi si occupa praticamente di tutto) che, se si esclude il discreto EP
Rites And Curses, esordiscono con il loro primo vero full-length
The Amulet, debutto decisamente promettente, uscito per la
High Roller Records, label tedesca dimostratasi, in questi ultimi anni, sempre abile a scovare realtà particolarmente interessanti nel complicato groviglio del sottobosco metallico.
La proposta dei
Morax consiste, come si diceva pocanzi, in un sound diretto che azzanna l’ascoltatore direttamente alla giugulare per catturarne l'attenzione e leggermente grezzo (giusto il necessario, senza esagerare).
Un heavy metal dunque, di matrice squisitamente classica; pertanto, al suo interno, non stupitevi se, dopo la breve intro strumentale, corrispondente alla title-track, ci sentirete echi palesemente riconducibili a
Judas Priest (vedasi la roboante
Inverted Church),
Iron Maiden (l’epica
A Thousand Names),
Black Sabbath (la lugubre e doomosa
Seven Pierced Hearts),
Angel Witch (come le malinconiche
Phantom Sleeper o
The Descent), ma soprattutto,
Motörhead e
Venom (si pensi alle malefiche
Belial Rising e
The Snake).
Tuttavia, le suddette influenze, non emergono in maniera prepotente e asettica, ma vengono storpiate dalla band, che le modella, secondo le sue esigenze ed il proprio gusto stilistico, inserendole abilmente all’interno di una singolare dimensione artistica, avvolta da un’aura di cupa e seducente malvagità, tipica della scuola norvegese.
Questa perfidia musicale si concretizza mediante un sound aggressivo e angosciante, caratterizzato da linee melodiche ben costruite, ma dal retrogusto spettrale, da chitarre mordenti e sanguinolente, da atmosfere sinistre e, infine, da una voce graffiante e, al tempo stesso, sofferente.
The Amulet si rivela cosi un album convincente e incisivo, destinato a lasciare il segno, sin dal primo ascolto; merito, senz’altro, della passione genuina, delle enormi doti compositive e della versatilità di
Remi Andrè Nygård, capace di rendere sorprendentemente fresco un sound datato, come quello ereditato dalla NWOBHM, imbastardendolo e rivestendolo di inquietudine e malignità, come solo le bands scandinave sanno fare, permettendo quindi ai
Morax, di fare subito centro al debutto discografico!
Chi ben comincia....