Non c’è niente da fare; gli
Airforce passeranno alla storia semplicemente per unico motivo: essere la band di
Doug Sampson, batterista degli
Iron Maiden dal 1977 al 1979, ovvero prima dell’ingresso in formazione dell’indimenticabile Clive Burr.
Null’altro.
Troppo povera e discontinua la discografia (obiettivamente nemmeno eccelsa qualitativamente) di una band, fondata addirittura nel 1987 che, in questo 2025 (quindi dopo quasi 40 anni di attività), sforna solo il terzo album della sua storia!
Acts Of Madness, uscito per
RPM ROAR, è un lavoro pieno di buone intenzioni, che però, non sempre raggiungono l’obiettivo e, in cui peraltro, spiccano delle discrete trame melodiche, che tuttavia, sembrano spesso forzate o suonano troppo ripetitive.
Il cantato del singer portoghese
Flavio Lino, è un compromesso tra lo stile di Bruce Dickinson e quello di Blaze Bayley (senza chiaramente possedere la classe di questi 2 enormi frontmen) e, tutto sommato, pur coi suoi limiti, si fa apprezzare (stendiamo però un velo pietoso su certi effetti filtrati, come in occasione del brano
Cursed Moon). La chitarra di
Chop Pitman poi, è quanto mai poliedrica e viene messa sempre al servizio della canzone, mentre
Doug Sampson dietro le pelli e
Tony Hatton al basso puntellano le singole tracce con precisione chirurgica.
Nulla da eccepire insomma sulle prestazioni tecniche dei musicisti, formalmente prive di sbavature; eppure il disco non ingrana mai veramente.
Il problema degli
Airforce, che, a dire il vero, si palesava anche nei precedenti due capitoli, risiede nella carenza di sentimento. Le composizioni di
Acts Of Madness, risultano gradevoli, sia negli episodi più spinti come
Among The Shadows, Sniper, Westworld, sia quando i ritmi rallentano e le atmosfere si fanno più riflessive, come in
Lost Forever o
Heroes, ma suonano terribilemente fredde e schematiche, risultando piatte e prive emozioni rivelandosi, in altre parole, innocue. Decisamente curiosa poi, la conclusione dell’album, affidata alla cover, in versione visionaria e quasi psichedelica, di
Strange World; un esperimento interessante, ma difficile da digerire, trttandosi di un classico.
Alla fine, si ritorna alla medesima riflessione inziale: gli
Airforce sono destinati ad essere ricordati nel tempo, non tanto per la loro musica, quanto per essere, in qualche modo collegati, agli esordi di un'altra band, una delle più grandi di sempre, nel metal (e non solo).
A differenza dei precedenti capitoli discografici però, almeno stavolta ci hanno provato, partorendo un album qualitativamente migliore rispetto ai precedenti anche se, obiettivamente, non basta per lasciare il segno.