Copertina 8

Info

Anno di uscita:2025
Durata:42 min.
Etichetta:Napalm Records

Tracklist

  1. TANTRUM
  2. HEDONIST
  3. ROGUE
  4. TUMBLEWEED
  5. GREEN SERPENT
  6. KAFKA
  7. DARK BILE
  8. FAST DRAW
  9. SOMEONE’S DAUGHTER
  10. A TONGUE SO SLY
  11. DUÉL

Line up

  • Tatiana Shmayluk: vocals
  • Roman Ibramkhalilov: guitars
  • Eugene Abdukhanov: bass
  • Vladislav Ulasevich: drums

Voto medio utenti

Quinto capitolo discografico per questa band, che non smette di evolversi sin dal proprio omonimo debutto.
Sebbene i Jinjer fossero già ampiamente contraddistinti da matrici groove metal, e non solo, viste le loro disparate influenze che pescano da etnica, pop, fino ad arrivare ai generi più estremi; col precedente "Wallflowers" già portavano avanti un percorso verso il djent, che possiamo definire adesso completato soprattutto grazie all’apporto della sezione ritmica.

Se, infatti, nell’ambito di questo filone assistiamo ad un avvicinamento a lidi più melodici e sonorità tech, con abbondanti strizzate d’occhio ai Ghost (vedasi Erra, Veil of Maya), a volte con notevoli risultati ("The Cure" degli Erra è un album davvero riuscito, dovendone citare uno), dall’altro gruppi come Jinjer restringono le distanze partendo dal versante opposto.
Ecco che, allora, bastano già pochi secondi all’ascolto di "Duél" per notare le differenze già rispetto ai lavori precedenti. La batteria lavora molto sul gioco di cassa per doppiare tutti i riffs, di fatto eseguendoli insieme agli altri strumenti nel corso di quasi tutti i pezzi. Non mancano certamente le sfuriate ritmiche già presenti in passato, che tanto li accostano a certi momenti serrati dei Veil of Maya, su tutti; ma adesso gli accenti sono quasi sempre volti a sottolineare il fiume di riffs, che anche questa volta infarciscono tutte le composizioni.



Notevole anche il lavoro al basso, adesso arricchito da non rari arrangiamenti in slap. Il suono metallico e squillante in certi brani, reso evidente da un buon lavoro al mix, fornisce un bel dialogo ritmico con le linee di batteria.
I pezzi si susseguono in modo incalzante, la band questa volta non sembra voler dare tregua all’ascoltatore; ed anche momenti meno intensi sono resi turbolenti grazie alla sapiente ricerca di tensioni, note sospese ed accordi più ”ricchi” ad opera della chitarra. Evidente come anche Roman Ibramkhalilov si stia evolvendo alla ricerca di nuove soluzioni, sviluppando le proprie conoscenze sullo strumento.

Gli elementi che, chiaramente, possono giocare a favore dei Jinjer in questa evoluzione, sono: un marchio melodico unico, nel panorama in questione; ed un’identità sonora ben contraddistinta.
Nel primo caso, le melodie della vocalist Tatiana Shmayluk risultano sempre molto raffinate, andando a pescare influenze da generi musicali più disparati (si va dall’etnica portoghese, passando per il reggae e la bossa, fino a giungere al rock dei Guano Apes e compagnia); senza contare le sue doti anche con un growl molto aggressivo e mai ritmicamente banale. La sua, è una voce davvero poliedrica, dalle molteplici soluzioni.

Nel secondo caso, invece, è palese che ciò che ci giunge ora all’ ascolto è una band dal suono monolitico consolidato, da tonalità molto basse, e da un fiume di riffs molto elaborati; ma ciò che li distingue da molte altre bands dedite al djent, è una matrice più genuinamente thrash (Arch Enemy su tutti), che mantiene il suono ben più tagliente e spigoloso.

Non possiamo di certo parlare di maturazione, al cospetto di una band che l’ha già raggiunta nel corso di cinque lavori, in un periodo lungo più di una decade; ma sicuramente "Duél" è un’opera ben riuscita, che sposta ancora più in avanti l’evoluzione di quattro musicisti alla ricerca di una continua evoluzione.

Recensione a cura di Nick Bondis

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